Rodengo
Le prime informazioni storiche su Rodengo dal punto di vista ecclesiale, si hanno intorno al VII–VIII sec, quando si pensa che la prima comunità cristiana si riunisse intorno ad una Diaconia dedicata a SANTO STEFANO costruita su una importante via romana in contrada Cinculli, dove oggi troviamo la frazione di Pontecingoli.
Verso la fine del XII sec., si ha notizia che, la chiesa di SAN PIETRO, eretta nel “castello” primo nucleo dell’Abbazia oggi esistente, era officiata da un sacerdote monaco.
E’ forse nel XIII secolo che la Parrocchia si organizza intorno a S. Stefano (che comunque rimane ancora sotto la giurisdizione della Pieve di Gussago).
Documenti storici raccontano che nel terreno antistante la chiesetta di S. Stefano, venivano sepolti i bambini di età inferiore ai 10 anni.
Con lettera apostolica di Papa Nicola V° del 20 Settembre 1448, viene stabilito che SANTO STEFANO venga unita al monastero di San Nicolò (abitato dagli Olivetani) anche se sacerdoti secolari possono rimanere ad officiare le celebrazioni, ma, dal punto di vista economico, mantenuti dal Monastero.
Nel 1567 la Parrocchia registrava la presenza di:
-Chiesa di San Dionigi (serrata e senza entrata);
-Chiesa di San Rocco in Padergnone (eretta nel XV secolo ed avente 100 lire di lascito elargito al tempo della peste del 1577-1578);
-Chiesa di Santo Stefano (antica parrocchiale ora unita al monastero);
-Chiesa di San Nicola (officiata da sacerdoti secolari).
Nel 1580, San Carlo Borromeo, durante la sua visita apostolica ordina ai frati di
riparare la Chiesa di Santo Stefano e di mantenervi un chierico per l’assistenza al vice-curato tramite un beneficio; dai documenti consultati, risulta però che questo non avvenne mai.
Verso i primi decenni del 1600 la comunità olivetana assorbì Santo Stefano. Sembra che il Battistero che c’era in Santo Stefano sia stato trasportato nell’attuale chiesa di San Nicolò.
Da quel momento la chiesa di Santo Stefano viene poco utilizzata se non in occasione della festa del Santo; in seguito, l’incuria e il disinteresse fecero si che, con il passare del tempo, la chiesa crollasse.
Nel 1649, per ottemperare alla Costituzione di Innocenzo X, per il funzionamento della parrocchia, venne costituito un chiericato.
Nel 1659, sul territorio di Rodengo esistono:
- la Chiesa di Santo Stefano;
- la Chiesa di San Dionigi;
- la Chiesa di San Rocco;
- la Chiesa di San Pietro;
- la Chiesa di Santa Maria delle Grazie (poi S. Maria In Silva) in Contrada Pianera con legato di messa quotidiana;
- l’Oratorio in contrada Case (ancora esistente nel 1710).
Nel 1797, con la soppressione dei monaci, la vicinia chiede che venga confermato parroco un ex monaco olivetano (Bernardo Chinelli) con un beneficio di alcuni piò di terreno.
Nel 1829, alla morte del parroco, sorge un contenzioso per stabilire a chi spettasse il patronato della parrocchia: al governo austriaco, al fisco che aveva avvocato i beni, all’ospedale delle donne beneficiario e proprietario dei beni, o al Vescovo.
Il 19 Settembre 1829 al Vescovo venne riconosciuto il diritto di nomina che esercitò nominando parroco Don Pietro Pace di Magno di Inzino.
Nel 1847, come segno di devozione, la popolazione allestisce la macchina del Triduo, fastosa e gigantesca nel suo genere. In seguito, questa verrà prima abbandonata e poi restaurata e di nuovo resa funzionante nel 1996.
Nel 1880, un decreto vescovile ridimensiona la parrocchia aggregando alla Parrocchia di Castegnato le frazioni di Borbone, Case, Barco e Pianera.
Nel 1870, sotto l’influenza del vicino convento francescano si forma una congregazione di Terziari Francescani che raggiunge in breve 100 iscritti, meritandosi gli elogi di Papa Pio IX, ma che presto scomparve.
Nel 1908, grazie alla attiva pastorale di Don Arcari, viene costituita una nuova Congregazione Terziaria legata ai padri Cappuccini.
Nel 1938, Don Bernardo Cramer diventa parroco e dà il via ad una lunga serie di attività pastorali.
Nel 1968 Don Bernardo Cramer muore e , nel 1969, i frati Olivetani ritornano in abbazia e la parrocchia passa sotto la loro guida.
IL RITORNO DEI PADRI OLIVETANI
Era sabato 8 febbraio 1969 quando i padri Olivetani fecero ritorno a Rodengo, dopo un’assenza di ben 172 anni.
Erano in tre: Padre Damiano, a cui verrà affidata la parrocchia, Padre Graziano e Don Fedele, che ritornerà poco dopo a Monte Oliveto.
Quasi subito si aggiunse Padre Antonio; richiamato dopo pochi mesi a Monte Oliveto come decano, venne a sostituirlo Padre Placido. Anche lui dovrà lasciare poco dopo perché eletto Priore a S. Stefano di Bologna. Infine, giunse a Rodengo Padre Michelangelo attuale Abate generale degli Olivetani.
Trovarono l’Abbazia in cattivo stato, completamente abbandonata, mal ridotta. L’unico settore decente era quello rimasto dimora del Parroco al piano superiore, e quattro locali al piano terra già camere del fattore, adibiti ad uffici parrocchiali.
La popolazione regalò ai Padri una stufa per la cucina, frigorifero, tavoli e quattro sedie e li aiutò nel lavoro di imbiancatura.
L’impegno principale dei monaci era quello del recupero graduale del monastero, ma, soprattutto, dovevano assistere la parrocchia che, dopo la morte di Don Bernardo Cramer, era rimasta senza una guida. (In questo lasso di tempo la S. Messa veniva officiata da Padre Tito responsabile dei Frati Minori del Convento di Saiano).
Con l’arrivo dei Padri Olivetani la Parrocchia cominciò a rifiorire e gradualmente iniziò il recupero del monastero: si trovò una nuova collocazione alla Scuola Materna, alloggiata nella parte centrale del Monastero e anche all’abitazione delle suore spostando ambedue nel chiostro del 400 riordinato e non più ridotto a stalla e pollaio.
Per avvicinarsi sempre più alla popolazione, i padri portarono alcune funzioni fuori dall’ambiente sacro: la via Crucis, il Rosario nel mese di maggio, la benedizione delle campagne e, molto “sentita” dalla popolazione, la Santa Messa in chiusura dell’anno scolastico per gli alunni alla Santella di Valzina.
Iniziarono l’opera di catechesi con l’aiuto di giovani volontari; inoltre P. Michelangelo seguiva la scuola di Magistero e P. Graziano la Cantoria dove anziani e giovani portarono il loro contributo.
Il 23 Aprile1971 con atto notarile “Gli Spedali Civili di Brescia” donarono tutto il complesso immobiliare dell’Abbazia allo Stato e, nel 1973, il Ministero delle Finanze autorizza l’accettazione.
Ora la recuperata struttura olivetana è meta di pellegrinaggi provenienti da tutta Italia, e grazie alla collaborazione del Comune di Rodengo che ha munito l’edificio di adeguate infrastrutture, è diventata sede prestigiosa di molte iniziative.
Dopo P. Damiano arriva a Rodengo P. Simone Telch.
Nei primi tempi della sua permanenza, egli avrà sia l’incarico di parroco che di priore, questo fino all’arrivo di don Giulio Fiori, nuovo priore che morirà nel 1991.
Arriva così un nuovo priore, don Emiliano Landra che resterà a Rodengo per sei anni, quando, nel 1997, a sostituirlo sarà chiamato l’attuale priore: P. Alfonso Serafini, che continua a coordinare l’opera pastorale dei suoi confratelli e dei numerosi fedeli laici che generosamente collaborano nelle diverse attività della Parrocchia e dell’Oratorio.
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Il nome del monastero non è più Abbazia Benedettina Olivetana San Nicola ma Abbazia Benedettina Olivetana Santi Nicola e Paolo VI
Domenica 10 febbraio 2019 , festa di Santa Scolastica sorella di San Benedetto, nell’Abbazia Olivetana di Rodengo Saiano si è svolta un’importante celebrazione Eucaristica in cui l’Abate Generale della Congregazione Benedettina di Santa Maria di Monte Oliveto, Dom Diego M. Rosa con un Atto Ufficiale della Congregazione ha esteso il nome del monastero. Da questa data il nome del monastero non è più Abbazia Benedettina Olivetana San Nicola ma Abbazia Benedettina Olivetana Santi Nicola e Paolo VI. Quasi 1000 anni fa quando il Monaci Cluniacensi iniziarono la fondazione di questo Cenobio nel titolo compariva S. Pietro insieme a S. Nicola, poi nei primi due secoli di vita la figura di S. Pietro si è eclissata forse per non confondere questo luogo con il vicino monastero di S. Pietro in Lamosa… A distanza di quasi 1000 anni Pietro ritorna! Un Pietro che ha visto i suoi natali in queste terre benedette, un Pietro che ha tenuto saldo il timone della barca della Chiesa Universale sotto la forza impetuosa delle onde del Concilio Vaticano II, un giovane ragazzo che prima di essere Sacerdote, Vescovo ed infine aver vagliato il soglio Petrino, ancorato al manubrio della sua bicicletta che da Chiari lo riportava nella sua Concesio, si fermava qui, su questa piazza e guardava ciò che restava della presenza monastica, in questa stessa chiesa ha pregato perché un giorno tra le volte di questo cenobio violentato e depredato ritornasse almeno la sua essenza vitale che lo ha reso per secoli “Casa di Dio” ovvero la celebrazione dell’Opus Dei da parte dei Monaci figli di San Benedetto e San Bernardo Tolomei, monaci di bianco vestiti in ricordo della Pasqua Gloriosa di Cristo, un Pietro che oggi la Chiesa Universale venera con il nome di San Paolo VI Papa.
Due i motivi che hanno tradotto questa scelta, in primis il 50°o del ritorno dei Monaci Olivetani nel monastero di Rodengo, per volontà diretta dell’allora Pontefice Paolo VI, secondo come segno tangibile di gratitudine a questo Gigante nella Fede e Profeta di Dio che ci ha restituito casa nostra nella Sua terra benedetta. Cosa si attendeva Paolo VI, riportando i Monaci Olivetani a Rodengo? Il monaco è una presenza silenziosa, silenziosa ma orante che declina la sua giornata nel motto: “ora , labora et lege”, Paolo VI voleva che il cuore arrestato di questo cenobio ritornasse a palpitare più volte di prima, quale segno profetico della presenza di Dio in mezzo agli uomini, in questa Casa di Dio dalle porte aperte si entra per Amare Dio e si esce per Amare il prossimo.
Il RICORDO DI PADRE DAMIANO
Padre Damiano Romani fu il primo Superiore dell’abbazia dopo la rinascita del grande complesso monastico. A lui la popolazione è ancora molto affezionata ed il ricordo della sua persona è vivo in tutti nonostante siano già trascorsi 15 anni dalla sua morte.
Per ricordare questo importante personaggio della storia recente di Rodengo, lo scorso mese di Novembre, gli è stata intitolata una stele di bronzo.
L’iniziativa è stata fortemente voluta dall’associazione “Amici dell’Abbazia”, dall’Amministrazione Comunale e dalla Parrocchia di San Nicola ed è stata partecipata da molti fedeli che hanno ancora nel cuore il monaco e che ricordano con emozione momenti importanti della loro vita che hanno potuto condividere con Padre Damiano.
Nel corso della cerimonia di commemorazione, si sono alternate molte iniziative: particolarmente toccanti sono state la lettura di alcune poesie composte dallo stesso Padre Damiano, che fra l’altro era un apprezzato autore di versi, e la testimonianza di alcune persone cha hanno avuto la fortuna di incontrare e lavorare al suo fianco. Dopo la celebrazione della Santa Messa, si è proceduto alla benedizione della stele che, nei decenni a venire, ricorderà don Damiano ai fedeli di Rodengo e testimonierà a don Damiano l’amore che la gente di Rodengo continua a riservargli.
don Simone Telch
Sabato 26 settembre 2020 , presso l’abbazia olivetana dei Santi Nicola e Paolo VI di Rodengo, dopo il convegno e la Santa Messa, è stata inaugurata e benedetta dal priore dom Benedetto Toglia la facciata della chiesa. I lavori di restauro, iniziati a dicembre del 2019 e curati dallo Studio Garattini Malzani, sono terminati, grazie al contributo della “Fondazione della Comunità bresciana”, al supporto dell’associazione “Amici dell’Abbazia di Rodengo” e alle offerte della comunità monastica e parrocchiale.
La terza vita dell’abbazia. L’abbazia “ha appena compiuto i suoi primi 50 anni di quella che potremmo chiamare la sua terza vita. La prima vita fu quella della fondazione nel XII secolo – scrive Stefano Bruno Galli Galli, assessore all’Autonomia e Cultura della Regione Lombardia, nel suo saluto per il convegno – ad opera dei monaci benedettini Cluneacensi”. La seconda fase coincide con la riedificazione rinascimentale, sotto la congregazione olivetana e termina il 2 settembre 1797, giorno della soppressione dell’abbazia, a causa della secolarizzazione dei beni ecclesiastici. L’abbazia, abbandonata, iniziò il suo lento declino. Fu grazie all’intervento di Papa Paolo VI che nel 1969 tornarono i monaci olivetani, che iniziarono le operazioni di recupero e restauro, inaugurando la terza fase, dopo 172 anni di oblio. Numerosi pittori e architetti hanno dato il loro contributo nelle prime due “vite” dell’abbazia, che è uno dei più ricchi complessi religiosi del nord Italia, dal punti di vista artistico.
Le opere d’arte. Nella sagrestia si possono ammirare degli affreschi del Romanino; il refettorio, invece, venne sopraelevato nel 1600, per cui si sono persi gli antichi dipinti ad eccezione della “Crocifissione” del Foppa. Molte opere prima presenti in abbazia, si trovano, ora, al Museo di Santa Giulia, all’inizio Museo Cristiano, dopo essere stato monastero benedettino, ma vittima anch’esso della soppressione. Nonostante queste mancanze, ci troviamo di fronte ad “un’autentica galleria d’arte” racconta Roberto Bellini durante il suo intervento al convegno. Le indagini scientifiche fatte dai professori servono per recuperare la tradizione, dal punto di vista storico e artistico, di questo complesso architettonico, in modo da poter valorizzare, attraverso il restauro, l’arte in tutte le sue forme. È stata rinvenuta, ad esempio, “l’analisi di un architetto, Antonio Tagliaferri – spiega la prof.ssa Francesca Stroppa – che ha dato un’impronta neomedievale in alcuni punti del complesso di Rodengo come la cella campanaria, le decorazioni in parte in mattoni che si trovano nei chiostri e all’esterno” e non solo. Tagliaferri non è l’unico a dare questa lettura neomedievale: a fine Ottocento si percepisce la voglia di risistemare questo grande monumento, ma bisognerà aspettare il Dopoguerra, con l’azione degli Spedali Civili, di papa Paolo VI e del Ministero, per poter rivedere i monaci olivetani, grazie ai quali oggi si sono conclusi i lavori di restauro.
ParrociTelch don Simone nato il: 04-11-1935 - Ordinato il: 10-07-1960 Congregazione Benedettina Olivetana. Missionario Brasile (1961-1971)Parroco S. Maria in Campis, Foligno (1971-1983)parroco Rodengo (1983-2016)
Toglia Dom Benedetto Maria
Il domenicano Benedetto Toglia riceverà l’ordinazione l’8 novembre 2014 allre ore 18:00 presso la Basilica - Santuario “S. Maria della Neve” in Ponticelli Piazza Aprea Vincenzo a Napoli. Dom domenico, “il prof. di Italiano che si fa monaco a 37 anni”, come è stato definito dai giornali celebrerà poi la prima Santa messa nella nostra Rodengo Saiano.Il 16 novembre, poi, verrà infatti celebrata la prima Santa Messa di dom Benedetto Toglia in parrocchia a Rodengo Saiano. Dom Benedetto Toglia è ultimo di dieci figli; nato e cresciuto a Napoli, laureato in lettere, ha insegnato per tre anni a Ferrara l’italiano a stranieri e rifugiati. E’ lì che è avvenuto l’incontro con i monaci olivetani e quindi con l’abate Diego e don Gabriele. Una curiosità: Benedetto ha fatto il militare di leva nel 5° scaglione del 1997 a Orvieto col grado di Caprola maggiore.
nato a Napoli il 06-07-1976 Ordinato il: 08-11-2014 -