Ermes Ronchi
riflessioni
fonte: https://blog.smariadelcengio.it/
29 09 2024
XXVI Domenica del tempo ordinario - Anno B -
"Chi non è contro di noi è per noi. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala."
In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».
Vangelo secondo Marco 9, 38-43 45 47-48
DI FUOCO O DI CENERE?
Maestro, quello là non è dei nostri!
Quel forestiero che fa miracoli ma che non è nel gruppo, che trasmette vita senza mandato ufficiale, dev’essere bloccato.
“Non ti è lecito guarire gente se non sei dei nostri!
Non puoi migliorare il mondo se non sei del nostro partito!”
La tessera prima del bene, la tristezza dell’ideologia prima della realtà.
La risposta di Gesù è molto articolata e molto “alla Mosè” della prima lettura: Lascialo fare! Magari fossero tutti profeti del Regno!
Chiunque fa del bene è dei nostri, chiunque regala un sorso di vita è di Dio.
Tutti sono dei nostri e noi siamo di tutti.
Questo ci pone tutti serenamente sullo stesso piano, con tanti diversamente credenti o anche non credenti, ma che lottano contro i démoni moderni di inquinamento, violenza, fake news, corruzione, economia che uccide.
Si può essere uomini secondo il cuore di Dio senza essere uomini di Chiesa, perché il Regno la scavalca e va oltre, molto oltre tutte le Chiese.
In un contesto come la provincia italiana, dove quasi tutto è ancora cattolico, segni, simboli, linguaggi, cerimonie, il rischio che corriamo è di essere cattolici senza essere cristiani, cioè di essere senza Gesù.
Cattolici non cristiani siamo noi quando obbediamo alle regoline ma non all’amore, quando esigiamo misericordia e poi non perdoniamo, quando andiamo a messa e non spezziamo il pane con i poveri.
Non c’è più il fuoco, c’è solo tiepida cenere che si va spegnendo.
La vera distinzione non è tra chi va in chiesa e chi no, ma tra chi si ferma presso l’uomo bastonato e versa olio e vino, e chi invece tira dritto.
Chiunque avrà dato un bicchiere d’acqua.
Tutto il vangelo in un bicchiere d’acqua. Di fronte all’invasione del male, all’eccedenza del male cronaca, Gesù ci conforta: al male contrapponi il tuo bicchiere d’acqua.
Conclude il Vangelo: Se il tuo occhio, la tua mano, il tuo piede ti sono di scandalo, tagliali… Ma la mano non può scandalizzare, è simbolo dell’uomo che opera. Tu operi per la vita o per la morte? Allora taglia ciò che in te opera per la morte.
Il piede: Tu, uomo, per chi stai camminando?
Se il tuo occhio.. L’occhio porta con sé il cuore. E dove ti porta il cuore? Cavalo, gettalo via! Guarda altrimenti, con occhi nuovi, per non fallire la vita.
La geenna di cui parla Gesù era un burrone a sud del tempio, fatto discarica, dove il fuoco ardeva costante innalzando un fumo maleodorante.
Dice Gesù: non fare immondizia della tua vita; guarda che se dai scandalo a un piccolo, sei come la spazzatura del mondo. Non buttarti via come un rifiuto, come uno scarto.
Immagini durissime...
Se il tuo occhio, se la tua mano ti scandalizzano, tagliali... metafore inquietanti per riproporre un sogno, quello di mani che sanno solo donare
e di piedi che vanno incontro,
un mondo dove gli occhi sono più luminosi del giorno, dove tutti sono dei nostri, tutti amici della vita e quindi tutti profeti, secondo il cuore di Dio.
padre Ermes Ronchi
Ascolta il canto :
Tu sarai profeta
Marco Frisina
Il tuo nome
Nuovi Orizzonti Music - Ilaria Tedde
Noi crediamo nel tuo nome
Rinnovamento nello Spirito
Dio è con noi
PDG Worship
Vignetta della Domenica
22 09 2024
XXV Domenica del tempo ordinario - Anno B -
"Il Figlio dell'uomo viene consegnato... Se uno vuole essere il primo, sia il servitore di tutti."
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Vangelo secondo Marco 9, 30-37
L’OCCASIONE
Tutto il vangelo in un abbraccio è rivelazione, è altissima teologia sulla verità di Dio.
Il vangelo introduce tre nomi di Gesù totalmente sbagliati e impossibili: ultimo, servo, bambino.
E i dodici non capiscono, proprio come noi.
Gesù sta dicendo loro che tra poco sarà assassinato e quelli parlano d’altro, parlano di carriere: chi è più grande tra noi?
Il rabbi li stravolge con quel limpidissimo pensiero: chi vuol essere il primo sia l’ultimo e il servo di tutti.
Di cosa stavate parlando?
Di chi è il più grande.
Questione infinita, che inseguiamo da millenni. Questa fame di potere, questa furia di comandare è da sempre annuncio di distruzione. Gesù si colloca a una distanza abissale da tutto questo: se uno vuol essere il primo sia il servo.
Ma non basta: Servo di tutti, senza limiti. E non basta ancora: prese un bambino, lo pose in mezzo e lo abbracciò.
Un bambino!
E’ il modo magistrale di Gesù, che s’inventa qualcosa di inedito come un abbraccio all’ultimo della fila, grande schiaffo in faccia ad ogni potere.
Tutto il vangelo in un abbraccio è rivelazione, è altissima teologia sulla verità di Dio.
In quella casa di Cafarnao c’è una parabola in azione: è Dio che si scioglie in un abbraccio al più piccolo perché nessuno sia perduto, non una briciola di pane, non un agnellino in fondo al gregge, non due spiccioli di un tesoro.
Proporre il bambino come modello del credente è l’impensato.
Cosa ne sa lui? Solo la tenerezza degli abbracci, l’emozione delle corse, il vento sul viso. Non sa niente di filosofia, di teologia, di morale, ma conosce come nessuno il senso della fiducia, da cui imparare.
Chi accoglie un bambino accoglie me! Gesù compie un enorme passo avanti, lo indica come sua immagine. Vertigine del pensiero. Il Re dei re, il Creatore, l’Eterno, l’infinito, l’assoluto, l’immenso, sta in un cucciolo d’uomo.
E questo vuol dire che come ogni bambino Dio va protetto, accudito, custodito, aiutato, accolto, perché chi accoglie un bambino accoglie me, accoglie il Padre.
"Accogliere", verbo che plasma il mondo come Dio lo sogna.
Avremo un futuro buono solo quando l’accoglienza sarà il nome nuovo della civiltà; quando accogliere o respingere i disperati, i piccoli, sarà considerato accogliere o respingere Dio stesso. Se vogliamo un mondo che stia in piedi davvero non c’è altra strada che ripartire dal più bisognoso. Questa è la fede, che poggia sulla giustizia.
Il bambino conosce la speranza perché sa aprire la bocca in un sorriso quando ancora non ha smesso di asciugarsi le lacrime.
I bambini danno ordini al futuro.
Loro sì, sanno vivere come i gigli del campo e gli uccelli del cielo. Proviamoci anche noi: quando ci sentiamo senza appoggio e speranza, ricordiamo quel bambino abbracciato, e anche noi come lui sentiremo lo stupore tiepido delle braccia di Dio.
padre Ermes Ronchi
Ascolta il canto :
Signore vieni presto in mio aiuto
Paolo Spoladore
La mia preghiera elevo a te
Rinnovamento nello Spirito
Cantico La tua sapienza
Gen Rosso
Il Re servitore
Dario De Marco
Vignetta della Domenica
15 09 2024
XXIV Domenica del tempo ordinario - Anno B -
"Tu sei il Cristo... Il Figlio dell'uomo deve molto soffrire."
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
Vangelo secondo Marco 8, 27-35
L’OCCASIONE
Ambiguità, incoerenza.
Gesù preferisce le storie rotte a quelle perfette, le vite incamminate a quelle stanziali.
Quando sono vero sono debole. Quando siamo veri siamo tutti feriti. Ma quando sono debole è allora che sono forte,
perché entra in me il vasaio che mi rimette sul tornio, che fa dei miei cocci un canale per altre seti.
E per la strada interrogava.
Gesù non è la risposta alle nostre domande, è lui la domanda; ogni sua parola porta scritto: più in là! La sua dimora è sempre oltre.
Ma la gente, chi dice che io sia?
Gesù non vuole un sondaggio per misurare la sua popolarità, vuole capire cosa del suo messaggio ha raggiunto il cuore.
Infatti la risposta della gente rivela un’idea sbagliata di lui: per qualcuno è un moralizzatore di costumi, tipo Giovanni il Battista; per altri è forza che abbatte i falsi profeti, come Elia; altri ancora colgono solo l’eco di vecchi messaggi già ascoltati, lui è “uno dei profeti”.
Ma Gesù non è niente fra le cose di ieri. È novità in cammino.
E il domandare si fa più diretto: ma voi chi dite che io sia?
Innanzitutto mette in discussione se stesso. Sottoporsi alla valutazione altrui costa molta umiltà e libertà, e con questa domanda Gesù si comporta da innamorato: Quanto conto io per te?
Non ha bisogno di sapere se lo ritengono più bravo dei profeti di prima, lui vuole sapere se Pietro è innamorato, se l’ha accolto nel cuore, se gli da tempo e passione.
Tu sei il Cristo, Pietro è irruente, sei il senso di Israele e della mia vita.
A questo punto Gesù cominciò a insegnare che il Cristo doveva soffrire e venire ucciso, per poi risorgere il terzo giorno.
Ma come fa Pietro ad accettare un messia perdente? “Tu sei il messia, l’atteso, che senso ha un messia sconfitto?”
Allora Gesù lo prende in disparte. E qui la tensione si alza, fino a che il dialogo culmina in parole durissime: va dietro di me, satana. Il tuo posto è seguirmi.
Pietro è la voce di ogni ambiguità umana, e la soluzione è quella indicatagli: va dietro di me.
Gesù ha accarezzato le mie ferite e contraddizioni, e mi fa camminare proprio lì, lungo la “linea incerta che addividi la luci dallo scuru” (A. Camilleri).
Il miracolo è che la debolezza, la fatica, l’ambiguità incolpevole, grano e zizzania intrecciati, le notti senza frutto, i rinnegamenti,
non sono un’obiezione, ma un’occasione per essere fatti nuovi,
per stare bene con il Signore, per rinnovare la nostra passione per lui e per ricominciare, attraverso inizi sempre nuovi: Tu seguimi!
Ti seguirò, Signore. Con le parole più belle che ho per te: tu sei per me quello che è la primavera per i fiori, quello che il vento è per l'aquilone.
Sei venuto con il soffio di un bacio sulla fronte, e hai aperto la mia strada.
padre Ermes Ronchi
Ascolta il canto :
Mi consola il mio Signore
Rinnovamento nello Spirito
Chi perde la sua vita
Francesco Buttazzo
Tu sei il Cristo
Marco Frisina
Tu sei il Cristo
Carlo Cavallin
Vignetta della Domenica
08 09 2024
XXIII Domenica del tempo ordinario - Anno B -
"Fa udire i sordi e fa parlare i muti."
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Vangelo secondo Marco 7,31-37
VANGELO DI SENSI IN ASCOLTO
Ancora un miracolo. Uno dei tanti.
Portano da Gesù un uomo prigioniero del silenzio, mentre la parola era murata dentro di lui.
Una vita senza musica e senza voce, un sordomuto come noi che non ci si capisce, che non si sa ascoltare, sordi come lui.
Siamo invasi da social che ci fanno comunicare con tutti, anche quando nessuno ci ascolta; ci piace essere conosciuti da un mucchio di sconosciuti.
Quel sordomuto è fortunato e non per la guarigione, ma perché attorniato da amici che si prendono cura di lui: e lo condussero da Gesù.
La guarigione inizia quando nel volto di qualcuno vediamo spuntare un germoglio di amore compassionevole.
‘E lo pregarono di imporgli la mano’. Ma Gesù fa molto di più: lo prende in disparte, lontano dalla folla: Io e te soli, per questo tempo niente conta più di te.
Non importa se è santo o peccatore. Soffre e basta.
E noi? Quando invece di dire: sei malato, sei nevrotico, si dirà: vieni a cena da me, al riparo della mia amicizia?
Li immagino occhi negli occhi, con Gesù che prende quel volto fra le mani, con poche parole e gesti molto intimi.
Lo tocca, e pone le dita sugli orecchi del sordo. Come lo scultore sulla creta che sta plasmando, come in una carezza. A parlare è la tenerezza dei gesti.
Poi con la saliva toccò la sua lingua. Spirito e parola condensati, in un vangelo di contatti, di odori, di sapori.
Gesù opera la guarigione dei sensi, e per farlo li usa tutti; mani, occhi, orecchi, bocca, per ricondurci all’essenza della vita, perché è attraverso i sensi che percepiamo il mondo.
Guardando verso il cielo, emise un sospiro, e gli disse: Effatà! In aramaico, nel dialetto di casa, nella lingua della madre, ripartendo dalle radici.
Apriti e non “apritevi”, si rivolge così all’uomo intero, e non ai suoi orecchi. Apriti, come si apre una porta all’ospite, come le braccia all’amore.
Apriti agli altri e a Dio, anche con le tue ferite, attraverso le quali vita esce e vita entra.
Una vita guarita è quella che si apre sul mondo: e subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. In realtà non è l’organo fisico dell’orecchio, in realtà è scritto che si aprirono ‘gli ascolti’. Si aprì la comprensione, non gli orecchi.
Se non sai ascoltare, perdi la parola. E sa parlare solo chi sa ascoltare. Dono da chiedere instancabilmente, per il sordomuto che è in noi:
donaci, Signore, un cuore che ascolta (cfr 1Re 3,9).
Allora nasceranno pensieri e parole che ci faranno uscire dall’assurdo di parole non dette e non ascoltate, dall’assurdo che è l’uomo chiuso.
Che l’unica nostra parola sia: ‘apriti’.
Se apri la tua porta, vita viene (Jaki Petrovic).
padre Ermes Ronchi
Ascolta il canto :
La strada appianata
Pierangelo Comi
Effatà
Comunità Gesù Risorto
Anima mia loda il Signor
Rinnovamento nello Spirito
Loda (cover di Praise)
Elevation Worship - Vincenzo Pompei
Vignetta della Domenica
01 09 2024
XXII Domenica del tempo ordinario - Anno B -
"Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini."
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».
Vangelo secondo Marco 7, 1-8 14-15 21-23
LA SORGENTE PULITA
Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano.
Gesù indirizza la nostra attenzione verso il cuore, quegli oceani interiori che ci minacciano e che ci generano; che ci sommergono talvolta di ombre e di sofferenze ma che più spesso ancora producono isole di generosità, di bellezza e di luce.
Gesù veniva dai campi del mondo dove piange e ride la vita, veniva dai villaggi dove il suo andare era un perenne bagno nel dolore.
Dovunque arrivava, gli portavano i malati sulle piazze, sulle porte, li calavano dai tetti. E mendicanti ciechi lo chiamavano, donne piagate di Tiro e da Sidone cercavano di toccargli la frangia del mantello, o almeno che la sua ombra passasse sopra di loro come una carezza.
E ora che cosa trova?
Gente che collega la religione a macchioline, a mani e piatti lavati, a oggetti esteriori, che collocano il male all’esterno e non nell’interiorità.
Gesù, anziché scoraggiarsi, diventa eco del grido antico dei profeti: è dal cuore degli uomini che escono le intenzioni cattive. E inaugura così la religione dell’interiorità, proponendo una radicale “ecologia del cuore”: curare il cuore per guarire la vita.
Il problema centrale è pulire non le mani, ma la sorgente.
Che vuol dire attenzione, premura, terapia intensiva del nostro piccolo Eden interiore, dove nascono i sogni, dove intrecciano le loro radici energie bellissime e generative, piante guaritrici e le spine di vecchie ferite, l’infinito e il quotidiano, attorno all’albero sempre verde della vita.
La nostra sorgente è sana; l’uomo non è cattivo, solo che si sbaglia facilmente. Ma non esiste vicenda umana senza un grammo di luce: perché ogni cosa è “tôv”, bella e buona, illuminata, l’intero creato è un atto d’amore sussurrato.
Che aria di libertà! Apri il vangelo e senti che ti riporta a casa. Senti una boccata d’aria fresca dentro l’afa pesante dei soliti, piccoli discorsi, uno spruzzo d’acqua fresca e buona come l’essenziale.
Qual è la differenza tra superfluo ed essenziale?
Non ho più dimenticato un antico professore che me lo spiegava così: superfluo è tutto ciò che va dalla pelle in fuori; essenziale è tutto ciò che va dalla pelle in dentro. I farisei andavano dalla pelle in fuori: lava, pulisci risciacqua, spolvera. Gesù va dalla pelle in dentro.
Ritorna al tuo cuore: per quasi mille volte nella Bibbia ricorre il termine cuore, che non indica la sede dei sentimenti o delle emozioni, ma il luogo dove nascono le azioni e i sogni, dove si sceglie la vita o la morte, dove si è felici oppure no. Dove ci sono campi di grano e anche erbe cattive.
Gesù vuole evangelizzare il cuore, far scendere vangelo sulle nostre zolle di durezza e sui desideri oscuri.
Tu non concederai loro il diritto di sedere alla tua tavola, non permettere loro di galoppare sulle praterie del tuo cuore, perché tracciano strade di morte.
Evangelizzare significa far scendere sul cuore un messaggio felice, e quello di Gesù ribadisce che la sorgente è pura, ma ha bisogno della tua cura.
Custodisci con ogni cura il tuo cuore,
perché da esso sgorga la vita (Proverbi 4,23)
Bellissimo compito profetico: chiamati tutti a bypassare tanta polvere, tanto fumo, tanta apparenza.
Liberiamo la Parola di Dio dai sequestri anche ecclesiastici, da regoline, da piccolezze polverose che rubano luce al messaggio, e il vangelo ci darà ali per volare su un mondo bello, su un mondo nato buono.
padre Ermes Ronchi
Ascolta il canto :
Parola d’amore
Rinnovamento nello Spirito
Sulla tua Parola
Rinnovamento nello Spirito
Symbolum ‘80
Pier Angelo Sequeri
Beato chi teme il Signore
Francesco Buttazzo
Vignetta della Domenica