padre Ermes Ronchi
riflessioni
fonte: https://blog.smariadelcengio.it/
23 02 2025
VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Anno C -
"Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso."
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro.
Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».
Vangelo secondo Luca - Lc 6,17.20-26
ANGELI IMPERFETTI

Domenica scorsa Gesù aveva proiettato nel cielo di Galilea un sogno e un terremoto: beati voi poveri, guai a voi ricchi.
Oggi sgrana un rosario di verbi esplosivi. Amate è il primo; e poi fate bene, benedite, pregate.
E noi pensiamo: ci sta. Ma quello che mi scarnifica, i quattro chiodi della crocifissione, è l’elenco dei destinatari. Chi dobbiamo amare? Amate i vostri nemici, gli infamanti, gli sparlatori, coloro che vi pugnalano alle spalle.
Gli inamabili.
Poi Gesù mi guarda negli occhi e si rivolge proprio a me: tu porgi l’altra guancia, tu dai anche la camicia, tu non chiedere indietro. E ti costringe ad andare in cerca di quelli che vorresti invece perdere.
Questo vangelo rischia di essere un supplizio, un martirio. Ci chiede cose impossibili, addirittura: Siate come Dio!
Nessuno riuscirà a vivere così a colpi di volontà, neppure i più bravi tra noi. Ma i verbi impossibili di Gesù descrivono l’agire di Dio.
Infatti: siate anche voi misericordiosi come il Padre.
E poi: come volete che gli uomini facciano a voi, fatelo voi a loro. Una capriola che pare illogica: ritorna al cuore, misurati con ciò che desideri, accosta le labbra alla sorgente del cuore.
Sappi che il cuore è buono. Che il tuo desiderio è buono. Abbiamo tutti un disperato bisogno di essere abbracciati e di essere perdonati.
Tutti desideriamo qualcuno che ci benedica, una casa dove sentirci a casa, e poter contare sul mantello di un amico.

Questo darò agli altri.
Ciò che desideri per te, dallo all’altro. Altrimenti vi sbranerete per un pugno di euro, per una donna, per il petrolio, per un bonus, per un posto al parcheggio.
L’unica strada per il sogno di cieli nuovi e terra nuova è Abele che diventa custode di Caino, la vittima che si prende cura del violento. Abele e Caino forzano insieme le porte del Regno.
Perdonate:
“Il perdono strappa dai circoli viziosi,
spezza le coazioni a ripetere su altri ciò che hai subito,
spezza la catena della colpa e della vendetta,
spezza le simmetrie dell’odio” (Hanna Arendt).
Sì, io però sono un angelo imperfetto.
E allora il Vangelo propone una strategia. Un primo passo è sempre possibile, a tutti: il vangelo è pieno di inizi, trabocca della teologia dei germogli e del seme che spunta.
Basta il coraggio di un primo passo. Come Dio. Come il cuore. Sappi che sei buono!
Questi grandi verbi di fuoco (amate, date, perdonate) cominciano sottovoce, in penombra, raso terra, nel sussurro di una voce che ha i colori dell’alba.
“Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” (Gandhi). Cambia qualcosa di te, ma sulla misura alta del vivere.
padre Ermes Ronchi

Ascolta il canto :
Beato il Signore
Marco Frisina
Vieni al Signor
Rinnovamento nello Spirito
Vivere la vita
Gen Verde
Un’altra umanità
Gen Rosso

Vignetta della Domenica

16 02 2025
VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Anno C -
"Beati i poveri. Guai a voi, ricchi."
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne.
Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
Vangelo secondo Luca - Lc 6,17.20-26
BEATI VOI POVERI

Un vangelo potente e inarrivabile.
Da oltre cinquant’anni lotto con questo vangelo, che mi sfugge sempre.
Le parole che cerco di allineare sono come uccellini che sbattono contro le pareti della gabbia, a dire poco più del nulla che capiamo di queste parole immense.
“Sono venuto a portare il lieto annuncio ai poveri”, aveva detto nella sinagoga. Ed eccolo qui, il miracolo: beati voi poveri.
Il luogo della felicità è Dio, ma il luogo di Dio sono le infinite croci degli uomini.
E aggiunge alla fine un’antitesi abbagliante: non sono i poveri il problema del mondo, ma i ricchi: guai a voi ricchi!
Sillabe sospese tra sogno e miracolo, osate, prima ancora che da Gesù, da sua madre nel canto del Magnificat: “ha saziato gli affamati di vita, ha rimandato i ricchi a mani vuote”. (Lc 1,53).
Questi oracoli profetici, anzi più-che-profetici, quel “beati” che contiene pienezza, felicità, completezza, grazia, incollato a persone affamate e in lacrime, a poveracci, a disgraziati, ai bastonati dalla vita, ci obbliga a un capovolgimento di prospettiva, a guardare la storia con gli occhi dei poveri e dei piccoli, non con quelli dei ricchi e dei potenti, altrimenti non cambierà mai niente.
E ci saremmo aspettati: “beati voi poveri perché ci sarà un capovolgimento, un’alternanza, diventerete voi i signori”.

No. Il progetto di Dio è più profondo. C’è di mezzo il Regno dei cieli, che non è il paradiso o l’al di là, ma una nuova architettura del mondo e dei rapporti umani.
Il mondo non appartiene a chi se ne impossessa o lo compra, ma a chi lo rende migliore. E non sarà reso migliore da coloro che hanno accumulato più denaro.
Beati voi... Il vangelo più alternativo che si possa pensare, il manifesto più stravolgente e contromano. Eppure, al tempo stesso, senti che è amico della vita, vangelo amico.
Perché le beatitudini non sono un comandamento, un ordine da eseguire, ma il cuore dell’annuncio di Gesù: la bella notizia che Dio regala vita a chi produce amore, Dio regala gioia a chi costruisce pace.
In esse è l’inizio della guarigione del cuore, perché il cuore guarito sia l’inizio della guarigione del mondo.
Guai a voi, ricchi, sazi, gaudenti, famosi. I quattro “guai” ci inquietano un po’, ma non sono delle maledizioni: Dio non maledice le sue creature, mai, la sua è la voce della tristezza del padre in pena per i figli che si stanno perdendo.
“Guai” non suona come una minaccia, ma come il gemito dei lamenti funebri, il singhiozzo del pianto su chi appare come morto.
“Guai”: e vi sento dentro il lamento di Gesù, che piange i ricchi e i sazi come coloro che si sono sbagliati su ciò che è vita e ciò che non lo è; e sono diventati gli idolatri del vuoto, gli amanti del nulla.
E gli idoli sono crudeli, spietati: divorano i loro stessi adoratori.
padre Ermes Ronchi

Ascolta il canto :
Beato l’uomo
Marco Frisina
Beati voi
Francesco Buttazzo
Le Beatitudini
Rinnovamento nello Spirito
Beatitudini
(Daniele Ricci - dal Musical “Il Messia”)

Vignetta della Domenica

09 02 2025
V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Anno C -
"Lasciarono tutto e lo seguirono."
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Vangelo secondo Luca 5, 1 - 11
LUI SULLA MIA BARCA

Tirate le barche a terra lasciarono tutto e lo seguirono.
Senza neppure chiedersi dove Gesù li avrebbe condotti. Lo seguono in piena incoscienza.
Perché il motivo di tutto è solo lui, quel Rabbi dalle parole folgoranti. Allontanati da me, aveva detto Pietro; e alla fine si allontanano ma insieme, verso un altro mare, lasciando sulla riva le barche riempite fino all’orlo dal miracolo. Sono i ‘futuri di cuore’.
Tutto è cominciato con una notte buttata, le reti vuote, la fatica inutile. E Gesù in piedi vede. Vede ‘due barche’, dice il vangelo, ma io credo che veda tutta la delusione e la tristezza del mondo sui volti dei pescatori, che in disparte lavano le reti vuote.
Il maestro parla con linguaggio universale e immagini semplicissime, non dal pinnacolo del tempio ma dalla barca di un pescatore di Cafarnao. Non da luoghi sacri, ma da un angolo umanissimo e laico, in mezzo alle attività umane, non padrone, ma ospite dello spazio umano, delle periferie, delle attese, delle delusioni.
Gesù di fronte a uomini in crisi, per un pescatore non pescare è la crisi d’identità, usa tutta la sua sapienza e delicatezza: prega Simone di staccarsi un po’ dalla riva.
Sale sulla barca di Simone e lo prega: notiamo la finezza del verbo scelto da Luca. Così il maestro sale sulla barca della mia vita e mi prega di ripartire con quel poco che ho, con quel poco che so fare, per affidarmi un nuovo mare.
Prendi il largo e getta le tue reti.
Sulla tua parola le getterò. Simone si fida e si avvia il miracolo. Una quantità enorme di pesci, una quantità di giorni pieni di pane e di luce per lui e per tutti coloro che sulla sua parola getteranno le reti.

Un prodigio. Un segno. Simone ha paura: Allontanati da me, perché sono un peccatore. Gesù sull’acqua del lago ha una reazione bellissima. Lui, il grande pescatore di uomini, alle parole di Simone non risponde “non sei peggio degli altri”, non giudica, non condanna, ma neppure assolve.
A lui non interessa giudicare neppure in vista di una assoluzione, a lui interessa il frutto, la pesca abbondante, la fecondità della vita e non la purezza fondamentalista. Mette oro nelle ferite.
Gesù pronuncia una parola solenne e inattesa: non temere, d’ora in avanti tu sarai... e il futuro conta più del presente, più del passato,
d’ora in avanti cercherai uomini, raccoglierai vite per la vita.
E il bene possibile domani vale più del male di ieri e di oggi.
Io non sono che un perdonato, uno che non ha preso niente, ma che ora sulla tua parola getterà le reti ancora. Sono il primo dei paurosi, l’ultimo dei coraggiosi, ma d’ora in avanti qualcosa sarò, Signore, se la tua grazia farà del mio nulla qualcosa che serva a qualcuno.
padre Ermes Ronchi

Ascolta il canto :
Chi manderò
Piera Cori
Cantiamo al Signor, grande nell’amor
Rinnovamento nello Spirito Santo
Ti farò pescatore di uomini
Fabio Massimillo
Getta le tue reti
(Davide Collu - Alessandro Moro)

Vignetta della Domenica

02 02 2025
PRESENTAZIONE DEL SIGNORE - Anno C -
"I miei occhi hanno visto la tua salvezza."
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
Vangelo secondo Luca 2,22-32
FESSURA SULL'INFINITO

Maria e Giuseppe portarono il Bambino al tempio, per presentarlo al Signore. Una giovane coppia col suo primo bambino porta la povera offerta dei poveri, due tortore, ma anche il più prezioso dono del mondo: un bambino.
Sulla soglia, due anziani in attesa, Simeone e Anna: “Che attendevano”, dice Luca, cioè che avevano speranza: perché le cose più importanti del mondo non vanno cercate, vanno attese (S. Weil). Quando il discepolo è pronto, il maestro arriva.
Non sono le gerarchie religiose ad accogliere il bambino, ma due laici innamorati di Dio, occhi velati dalla vecchiaia ma ancora accesi dal desiderio, il passato che tiene fra le braccia il futuro del mondo.
Perché Gesù non appartiene all’istituzione, non è dei preti ma dell’umanità.
E’ Dio che si incarna nelle creature e tracima dovunque, nella vita che finisce e in quella che fiorisce. E’ nostro, di tutti gli uomini e di tutte le donne. Appartiene agli assetati, ai sognatori, come Simeone; a quelli che sanno vedere oltre, come Anna; a quelli capaci di incantarsi davanti a un neonato. Dio lo incontri attraverso la tua umanità.
Lo Spirito aveva rivelato a Simeone che “non avrebbe visto la morte senza aver prima veduto il Messia”. Sono parole che la Bibbia conserva perché le stampiamo nel cuore: anch’io, come Simeone, non morirò senza aver visto il Signore. Il viaggio non finirà nel nulla, ma in un abbraccio.
Io non morirò senza aver visto l'offensiva di Dio, l'offensiva della luce, che è già in atto dovunque; l'offensiva del bene che, anche se invisibile, lievita e fermenta nelle vene del mondo.

“Simeone aspettava la consolazione di Israele”. Lui sapeva aspettare, come fa chi ha speranza.
Se attendi, gli occhi si fanno attenti, penetranti, vigili. E vedono: “ho visto la luce, da te preparata per tutti”!
Ma quale luce emana da questo piccolo figlio della terra, un neonato che sa solo piangere e succhiare il latte?
Il sapiente d’Israele ha colto l'essenziale: la luce di Dio è Gesù, è carne illuminata, storia fecondata, innesto del cielo nella terra.
La salvezza non è un’opera particolare, un fatto preciso, ma è Dio che è venuto, si è perso nel mondo, è naufragato negli amori, si è impigliato nei sorrisi e nelle croci dello sterminato accampamento umano, si è nutrito anche lui dei nostri nutrimenti umani.
E non se ne andrà più.
“Egli è qui per la risurrezione”: per lui nessuno è perduto, nessuno finito per sempre, è possibile ricominciare da capo e ripartire ad ogni alba. È qui come una mano che ti prende per mano e ti tira su, sussurrando: “talità kum”, bambina alzati! Sorgi, rivivi, risplendi, riprendi la danza della vita.
“Tornarono quindi alla loro casa. E il Bambino cresceva e la grazia di Dio era su di lui”.
Tornarono alla santità, alla profezia e al magistero della famiglia, che vengono prima di quello del tempio; alla casa dove arde in appartata fiamma la vita; alla famiglia che è santa perché l'amore vi celebra la sua festa, e ne fa la più viva fessura sull'infinito.
padre Ermes Ronchi

Ascolta il canto :
Luce del mondo
Rinnovamento nello Spirito
Alzatevi porte eterne - Salmo 23
Marina Valmaggi
Cantico di Simeone
Angelo Gualano
Simeone
(Daniele Ricci, dal Musical “L’Atteso”)

Vignetta della Domenica
