Giornata Missionaria
Il mese di ottobre, nella Chiesa italiana, è particolarmente dedicato alla preparazione e alla celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale che ricorre sempre nella penultima domenica del mese. Ogni anno questo appuntamento vuole alimentare la fraternità universale della Chiesa, ossia la comunione con tutte le Comunità Cristiane sparse nel mondo, oltre all’impegno di solidarietà con le Chiese di più recente formazione, con quelle che vivono nei paesi più poveri e con quelle che soffrono persecuzione.
Inoltre, dal punto di vista pastorale, il “mese missionario” diventa l’occasione per aiutare le nostre comunità cristiane e i tutti i credenti ad alimentare la propria “missione” nella Chiesa e nel mondo.
20 ottobre 2024 : 98ª Giornata
“Un banchetto per tutte le genti”
Introduzione al tema di don Giuseppe Pizzoli, direttore generale Fondazione Missio
«Andate e invitate al banchetto tutti» (cfr. Mt 22,9) è il versetto dal quale trae spunto Papa Francesco per il messaggio in vista della Giornata Missionaria Mondiale che celebreremo quest’anno nella domenica 20 ottobre. Il Papa ci invita a rinnovare il dinamismo missionario di ogni battezzato e ci spinge nuovamente ad essere una “Chiesa in uscita” per rendere accessibile a tutti la possibilità di partecipare al grande banchetto per tutti i popoli annunciato dal profeta Isaia: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» (Is 25,6).
La parabola che fa da sfondo al tema dell’ottobre missionario di quest’anno ci parla di un banchetto di nozze, imbandito dal re per suo figlio, a cui i primi invitati non partecipano. Il racconto evangelico prosegue, dunque, sottolineando che il re non rinuncia, ma invia di nuovo i suoi servi dicendo loro: «Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze» (v. 9). Nello sviluppo di questo racconto evangelico Papa Francesco mette in risalto tre aspetti della missione della Chiesa e dei suoi discepoli:
- “Andate e invitate!”. La missione come instancabile andare e invitare alla festa del Signore
- Al banchetto. La prospettiva escatologica ed eucaristica della missione di Cristo e della Chiesa
- “Tutti”. La missione universale dei discepoli di Cristo e la Chiesa tutta sinodale-missionaria
Essere missionari nella nostra realtà di oggi significa andare ai crocicchi delle strade del mondo di oggi, disponibili ad incontrare ogni tipo di persone e le più svariate situazioni di vita, per portare una parola di accoglienza, di solidarietà e di speranza; e «i discepoli-missionari lo fanno con gioia, magnanimità, benevolenza, frutto dello Spirito Santo in loro (cfr. Gal 5,22); senza forzatura, coercizione, proselitismo; sempre con vicinanza, compassione e tenerezza, che riflettono il modo di essere e di agire di Dio».
Tutti gli uomini hanno il diritto di sentirsi invitati all’incontro con il Signore che sogna e desidera per tutti una vita nella gioia e nella fraternità. È questo il “Regno di Dio” inaugurato da Gesù stesso e consegnato come profezia e come responsabilità alla comunità dei suoi discepoli. Papa Francesco esprime l’auspicio «Che tutti noi, battezzati, ci disponiamo ad andare di nuovo, ognuno secondo la propria condizione di vita, per avviare un nuovo movimento missionario, come agli albori del cristianesimo!».
Il mese missionario di quest’anno si pone alla vigilia del Giubileo ordinario del 2025 che avrà come tema la Speranza. E già questo ottobre missionario può essere vissuto come un preludio: «la preghiera quotidiana e particolarmente l’Eucaristia fanno di noi dei pellegrini-missionari della speranza, in cammino verso la vita senza fine in Dio, verso il banchetto nuziale preparato da Dio per tutti i suoi figli».
Al termine del suo messaggio, infine, il Papa rinnova l’invito a valorizzare la Giornata Missionaria Mondiale nel suo carattere universale: «raccomando a tutte le diocesi del mondo il servizio delle Pontificie Opere Missionarie, che costituiscono i mezzi primari “sia per infondere nei cattolici, fin dalla più tenera età, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire una adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessita di ciascuna” (Decr. Ad gentes, 38). Per questo, le collette della Giornata Missionaria Mondiale in tutte le Chiese locali sono interamente destinate al Fondo universale di solidarietà che la Pontificia Opera della Propagazione della Fede poi distribuisce, a nome del Papa, per le necessità di tutte le missioni della Chiesa».
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA XCVIII GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2024
20 ottobre 2024
Andate e invitate al banchetto tutti (cfr Mt 22,9)
Cari fratelli e sorelle!
Per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno ho tratto il tema dalla parabola evangelica del banchetto nuziale (cfr Mt 22,1-14). Dopo che gli invitati hanno rifiutato l’invito, il re, protagonista del racconto, dice ai suoi servi: «Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze» (v. 9). Riflettendo su questa parola-chiave, nel contesto della parabola e della vita di Gesù, possiamo mettere in luce alcuni aspetti importanti dell’evangelizzazione. Essi si rivelano particolarmente attuali per tutti noi, discepoli-missionari di Cristo, in questa fase finale del percorso sinodale che, in conformità al motto “Comunione, partecipazione, missione”, dovrà rilanciare la Chiesa verso il suo impegno prioritario, cioè l’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo.
1. “Andate e invitate!”. La missione come instancabile andare e invitare alla festa del Signore
All’inizio del comando del re ai suoi servi, ci sono i due verbi che esprimono il nucleo della missione: “andate” e “chiamate” nel senso di “invitate”.
Riguardo al primo, va ricordato che in precedenza i servi erano stati già inviati a trasmettere il messaggio del re agli invitati (cfr vv. 3-4). Questo ci dice che la missione è un andare instancabile verso tutta l’umanità per invitarla all’incontro e alla comunione con Dio. Instancabile! Dio, grande nell’amore e ricco di misericordia, è sempre in uscita verso ogni uomo per chiamarlo alla felicità del suo Regno, malgrado l’indifferenza o il rifiuto. Così Gesù Cristo, buon pastore e inviato del Padre, andava in cerca delle pecore perdute del popolo d’Israele e desiderava andare oltre per raggiungere anche le pecore più lontane (cfr Gv 10,16). Egli ha detto ai discepoli: “Andate!”, sia prima sia dopo la sua risurrezione, coinvolgendoli nella sua stessa missione (cfr Lc 10,3; Mc 16,15). Per questo, la Chiesa continuerà ad andare oltre ogni confine, ad uscire ancora e ancora senza stancarsi o perdersi d’animo di fronte a difficoltà e ostacoli, per compiere fedelmente la missione ricevuta dal Signore.
Colgo l’occasione per ringraziare i missionari e le missionarie che, rispondendo alla chiamata di Cristo, hanno lasciato tutto per andare lontano dalla loro patria e portare la Buona Notizia là dove la gente ancora non l’ha ricevuta o l’ha accolta da poco. Carissimi, la vostra generosa dedizione è l’espressione tangibile dell’impegno della missione ad gentes che Gesù ha affidato ai suoi discepoli: «Andate e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19). Continuiamo perciò a pregare e ringraziare Dio per le nuove e numerose vocazioni missionarie per l’opera di evangelizzazione sino ai confini della terra.
E non dimentichiamo che ogni cristiano è chiamato a prendere parte a questa missione universale con la propria testimonianza evangelica in ogni ambiente, così che tutta la Chiesa esca continuamente con il suo Signore e Maestro verso i “crocicchi delle strade” del mondo di oggi. Sì, «oggi il dramma della Chiesa è che Gesù continua a bussare alla porta, ma dal di dentro, perché lo lasciamo uscire! Tante volte si finisce per essere una Chiesa […] che non lascia uscire il Signore, che lo tiene come “cosa propria”, mentre il Signore è venuto per la missione e ci vuole missionari» (Discorso ai partecipanti al convegno promosso dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, 18 febbraio 2023). Che tutti noi, battezzati, ci disponiamo ad andare di nuovo, ognuno secondo la propria condizione di vita, per avviare un nuovo movimento missionario, come agli albori del cristianesimo!
Tornando al comando del re ai servi nella parabola, l’andare va insieme con il chiamare o, più precisamente, l’invitare: «Venite alle nozze!» (Mt 22,4). Ciò lascia intravedere un altro aspetto non meno importante della missione affidata da Dio. Come si può immaginare, quei servi-messaggeri trasmettevano l’invito del sovrano con urgenza ma anche con grande rispetto e gentilezza. Allo stesso modo, la missione di portare il Vangelo ad ogni creatura deve avere necessariamente lo stesso stile di Colui che si annuncia. Nel proclamare al mondo «la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 36), i discepoli-missionari lo fanno con gioia, magnanimità, benevolenza, frutto dello Spirito Santo in loro (cfr Gal 5,22); senza forzatura, coercizione, proselitismo; sempre con vicinanza, compassione e tenerezza, che riflettono il modo di essere e di agire di Dio.
2. Al banchetto. La prospettiva escatologica ed eucaristica della missione di Cristo e della Chiesa
Nella parabola, il re chiede ai servi di portare l’invito al banchetto per le nozze di suo figlio. Tale banchetto riflette quello escatologico, è immagine della salvezza finale nel Regno di Dio, realizzata fin d’ora con la venuta di Gesù, il Messia e Figlio di Dio, che ci ha donato la vita in abbondanza (cfr Gv 10,10), simboleggiata dalla mensa imbandita «di cibi succulenti, di vini raffinati», quando Dio «eliminerà la morte per sempre» (Is 25,6-8).
La missione di Cristo è quella della pienezza dei tempi, come Egli ha dichiarato all’inizio della sua predicazione: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino» (Mc 1,15). Così, i discepoli di Cristo sono chiamati a continuare questa stessa missione del loro Maestro e Signore. Ricordiamo in proposito l’insegnamento del Concilio Vaticano II sul carattere escatologico dell’impegno missionario della Chiesa: «Il periodo dell’attività missionaria si colloca tra la prima e la seconda venuta di Cristo […]. Prima appunto della venuta del Signore, il Vangelo deve essere annunziato a tutte le nazioni» (Decr. Ad gentes, 9).
Sappiamo che lo zelo missionario nei primi cristiani aveva una forte dimensione escatologica. Sentivano l’urgenza dell’annuncio del Vangelo. Anche oggi è importante tener presente tale prospettiva, perché essa ci aiuta ad evangelizzare con la gioia di chi sa che «il Signore è vicino» e con la speranza di chi è proteso alla meta, quando saremo tutti con Cristo al suo banchetto nuziale nel Regno di Dio. Mentre dunque il mondo propone i vari “banchetti” del consumismo, del benessere egoistico, dell’accumulo, dell’individualismo, il Vangelo chiama tutti al banchetto divino dove regnano la gioia, la condivisione, la giustizia, la fraternità, nella comunione con Dio e con gli altri.
Questa pienezza di vita, dono di Cristo, è anticipata già ora nel banchetto dell’Eucaristia, che la Chiesa celebra su mandato del Signore in memoria di Lui. E così l’invito al banchetto escatologico che portiamo a tutti nella missione evangelizzatrice è intrinsecamente legato all’invito alla mensa eucaristica, dove il Signore ci nutre con la sua Parola e con il suo Corpo e il suo Sangue. Come ha insegnato Benedetto XVI, «in ogni Celebrazione eucaristica si realizza sacramentalmente il radunarsi escatologico del Popolo di Dio. Il banchetto eucaristico è per noi reale anticipazione del banchetto finale, preannunziato dai Profeti (cfr Is 25,6-9) e descritto nel Nuovo Testamento come “le nozze dell’Agnello” (Ap 19,7.9), da celebrarsi nella gioia della comunione dei santi» (Esort. ap. postsin. Sacramentum Caritatis, 31).
Perciò, siamo tutti chiamati a vivere più intensamente ogni Eucaristia in tutte le sue dimensioni, particolarmente in quella escatologica e missionaria. Ribadisco, a tale proposito, che «non possiamo accostarci alla Mensa eucaristica senza lasciarci trascinare nel movimento della missione che, prendendo avvio dal Cuore stesso di Dio, mira a raggiungere tutti gli uomini» (ivi, 84). Il rinnovamento eucaristico, che molte Chiese locali stanno lodevolmente promuovendo nel periodo post-Covid, sarà anche fondamentale per risvegliare lo spirito missionario in ogni fedele. Con quanta più fede e slancio del cuore, in ogni Messa, dovremmo pronunciare l’acclamazione: «Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta»!
In questa prospettiva, nell’anno dedicato alla preghiera in preparazione al Giubileo del 2025, desidero invitare tutti a intensificare anche e soprattutto la partecipazione alla Messa e la preghiera per la missione evangelizzatrice della Chiesa. Essa, obbediente alla parola del Salvatore, non cessa di innalzare a Dio in ogni celebrazione eucaristica e liturgica l’orazione del Padre nostro con l’invocazione «Venga il Tuo regno». E così la preghiera quotidiana e particolarmente l’Eucaristia fanno di noi dei pellegrini-missionari della speranza, in cammino verso la vita senza fine in Dio, verso il banchetto nuziale preparato da Dio per tutti i suoi figli.
3. “Tutti”. La missione universale dei discepoli di Cristo e la Chiesa tutta sinodale-missionaria
La terza e ultima riflessione riguarda i destinatari dell’invito del re: «tutti». Come ho sottolineato, «questo è al cuore della missione: quel “tutti”. Senza escludere nessuno. Tutti. Ogni nostra missione, quindi, nasce dal Cuore di Cristo per lasciare che Egli attiri tutti a sé» (Discorso ai partecipanti all’Assemblea generale delle Pontificie Opere Missionarie, 3 giugno 2023). Ancora oggi, in un mondo lacerato da divisioni e conflitti, il Vangelo di Cristo è la voce mite e forte che chiama gli uomini a incontrarsi, a riconoscersi fratelli e a gioire dell’armonia tra le diversità. Dio vuole che «tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4). Perciò, non dimentichiamo mai, nelle nostre attività missionarie, che siamo inviati ad annunciare il Vangelo a tutti, e «non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 14).
I discepoli-missionari di Cristo hanno sempre nel cuore la preoccupazione per tutte le persone di ogni condizione sociale o anche morale. La parabola del banchetto ci dice che, seguendo la raccomandazione del re, i servi radunarono «tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni» (Mt 22,10). Inoltre, proprio «i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi» (Lc 14,21), vale a dire gli ultimi ed emarginati della società, sono gli invitati speciali del re. Così, il banchetto nuziale del Figlio che Dio ha preparato rimane per sempre aperto a tutti, perché grande e incondizionato è il suo amore per ognuno di noi. «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Chiunque, ogni uomo e ogni donna è destinatario dell’invito di Dio a partecipare alla sua grazia che trasforma e salva. Bisogna solo dire “sì” a questo dono divino gratuito, accogliendolo e lasciandosi trasformare da esso, rivestendosene come di una “veste nuziale” (cfr Mt 22,12).
La missione per tutti richiede l’impegno di tutti. Occorre perciò continuare il cammino verso una Chiesa tutta sinodale-missionaria a servizio del Vangelo. La sinodalità è di per sé missionaria e, viceversa, la missione è sempre sinodale. Pertanto, una stretta cooperazione missionaria risulta oggi ancora più urgente e necessaria nella Chiesa universale come pure nelle Chiese particolari. Sulla scia del Concilio Vaticano II e dei miei Predecessori, raccomando a tutte le diocesi del mondo il servizio delle Pontificie Opere Missionarie, che costituiscono i mezzi primari «sia per infondere nei cattolici, fin dalla più tenera età, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire una adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessità di ciascuna» (Decr. Ad gentes, 38). Per questo, le collette della Giornata Missionaria Mondiale in tutte le Chiese locali sono interamente destinate al Fondo universale di solidarietà che la Pontificia Opera della Propagazione della Fede poi distribuisce, a nome del Papa, per le necessità di tutte le missioni della Chiesa. Preghiamo il Signore che ci guidi e ci aiuti ad essere Chiesa più sinodale e più missionaria (cfr Omelia nella Messa conclusiva dell’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 29 ottobre 2023).
Rivolgiamo infine lo sguardo a Maria, che ottenne da Gesù il primo miracolo proprio ad una festa di nozze, a Cana di Galilea (cfr Gv 2,1-12). Il Signore offrì agli sposi e a tutti gli invitati l’abbondanza del vino nuovo, segno anticipato del banchetto nuziale che Dio prepara per tutti alla fine dei tempi. Chiediamo ancora oggi la sua materna intercessione per la missione evangelizzatrice dei discepoli di Cristo. Con la gioia e la premura della nostra Madre, con la forza della tenerezza e dell’affetto (cfr Evangelii gaudium, 288), andiamo e portiamo a tutti l’invito del Re Salvatore. Santa Maria, Stella dell’evangelizzazione, prega per noi!
Roma, San Giovanni in Laterano, 25 gennaio 2024, festa della conversione di San Paolo.
FRANCESCO
22 ottobre 2023 : 97ª Giornata
“Cuori ardenti, piedi in cammino”
Introduzione al tema di don Giuseppe Pizzoli, direttore generale Fondazione Missio
Ci prepariamo a vivere ancora una volta il mese di ottobre, come cammino di animazione missionaria e di sensibilizzazione delle nostre comunità cristiane a partecipare e farsi carico della missione universale della Chiesa. Come educare le nostre comunità a questa apertura missionaria universale? La Chiesa, già da un secolo, ha adottato uno strumento pastorale che renda possibile la partecipazione di tutte le comunità e di tutti i credenti alla missione universale della Chiesa: si tratta delle Pontificie Opere Missionarie, attraverso le quali si intende creare tra tutti i cristiani del mondo uno spirito di fraternità universale nella preghiera e nella solidarietà, specialmente verso le Chiese più giovani e bisognose di sostegno. Ce lo ha raccomandato il Concilio Vaticano II, nel decreto Ad Gentes, nel quale le Pontificie Opere Missionarie sono raccomandate «sia per infondere nei cattolici, fin dalla più tenera età, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire una adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessità di ciascuna» (n. 38). Anche San Giovanni Paolo II, nella enciclica Redemptoris Missio ricorda espressamente che «le quattro Opere Missionarie – Propagazione della Fede, San Pietro Apostolo, Infanzia Missionaria e Unione Missionaria – hanno in comune lo scopo di promuovere lo spirito missionario universale in seno al popolo di Dio» (n. 84).
Il mese missionario trova dunque il suo apice nella celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale che ricorre nella penultima domenica del mese, ossia il 22 ottobre prossimo. In quella giornata ogni comunità cristiana si unisce spiritualmente a tutti i missionari inviati nel mondo ad annunciare il Vangelo fino agli estremi confini e, attraverso la raccolta di offerte a favore delle Pontificie Opere Missionarie, ogni parrocchia, rettoria, cappellania, ossia ogni comunità che celebra l’Eucarestia, contribuisce al sostegno di tutti i missionari sparsi nel mondo e di tutte le comunità più povere di mezzi, quelle che vivono in situazioni di assoluta minoranza e quelle che soffrono controversie e persecuzioni.
Per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno Papa Francesco ha scelto un tema che prende spunto dal racconto dei discepoli di Emmaus, nel Vangelo di Luca (cfr 24,13-35): «Cuori ardenti, piedi in cammino». Attraverso l’esperienza di questi due discepoli che, nell’incontro con Cristo risorto, si trasformano in attivi missionari, Papa Francesco richiama prima di tutto il valore della Parola di Dio per la vita dei battezzati: «La conoscenza della Scrittura è importante per la vita del cristiano, e ancora di più per l’annuncio di Cristo e del suo Vangelo» «Gesù infatti è la Parola vivente, che sola può far ardere, illuminare e trasformare il cuore». In un secondo passaggio del suo messaggio il papa ci sottolinea l’importanza dell’Eucarestia: «Occorre ricordare che un semplice spezzare il pane materiale con gli affamati nel nome di Cristo è già un atto cristiano missionario. Tanto più lo spezzare il Pane eucaristico che è Cristo stesso è l’azione missionaria per eccellenza, perché l’Eucaristia è fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa». Infine il Papa ci ricorda l’importanza del mantenere viva la missione con l’impegno di ciascuno e con la preghiera per le vocazioni missionarie: «L’immagine dei “piedi in cammino” ci ricorda ancora una volta la perenne validità della missio ad gentes, la missione data alla Chiesa dal Signore risorto di evangelizzare ogni persona e ogni popolo sino ai confini della terra».
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA 97ma GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2023
22 ottobre 2023
Cuori ardenti, piedi in cammino (cfr Lc 24,13-35)
Cari fratelli e sorelle!
Per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno ho scelto un tema che prende spunto dal racconto dei discepoli di Emmaus, nel Vangelo di Luca (cfr 24,13-35): «Cuori ardenti, piedi in cammino». Quei due discepoli erano confusi e delusi, ma l’incontro con Cristo nella Parola e nel Pane spezzato accese in loro l’entusiasmo per rimettersi in cammino verso Gerusalemme e annunciare che il Signore era veramente risorto. Nel racconto evangelico, cogliamo la trasformazione dei discepoli da alcune immagini suggestive: cuori ardenti per le Scritture spiegate da Gesù, occhi aperti nel riconoscerlo e, come culmine, piedi in cammino. Meditando su questi tre aspetti, che delineano l’itinerario dei discepoli missionari, possiamo rinnovare il nostro zelo per l’evangelizzazione nel mondo odierno.
1. Cuori ardenti «quando ci spiegava le Scritture». La Parola di Dio illumina e trasforma il cuore nella missione.
Sulla via da Gerusalemme a Emmaus, i cuori dei due discepoli erano tristi – come traspariva dai loro volti – a causa della morte di Gesù, nel quale avevano creduto (cfr v. 17). Di fronte al fallimento del Maestro crocifisso, la loro speranza che fosse Lui il Messia è crollata (cfr v. 21).
Ed ecco, «mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro» (v. 15). Come all’inizio della vocazione dei discepoli, anche ora nel momento del loro smarrimento, il Signore prende l’iniziativa di avvicinarsi ai suoi e camminare al loro fianco. Nella sua grande misericordia, Egli non si stanca mai di stare con noi, malgrado i nostri difetti, i dubbi, le debolezze, nonostante la tristezza e il pessimismo ci inducano a diventare «stolti e lenti di cuore» (v. 25), gente di poca fede.
Oggi come allora, il Signore risorto è vicino ai suoi discepoli missionari e cammina accanto a loro, specialmente quando si sentono smarriti, scoraggiati, impauriti di fronte al mistero dell’iniquità che li circonda e li vuole soffocare. Perciò, «non lasciamoci rubare la speranza!» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 86). Il Signore è più grande dei nostri problemi, soprattutto quando li incontriamo nell’annunciare il Vangelo al mondo, perché questa missione, in fin dei conti, è sua e noi siamo semplicemente i suoi umili collaboratori, “servi inutili” (cfr Lc 17,10).
Esprimo la mia vicinanza in Cristo a tutti i missionari e le missionarie nel mondo, in particolare a coloro che attraversano un momento difficile: il Signore risorto, carissimi, è sempre con voi e vede la vostra generosità e i vostri sacrifici per la missione di evangelizzazione in luoghi lontani. Non tutti i giorni della vita sono pieni di sole, ma ricordiamoci sempre delle parole del Signore Gesù ai suoi amici prima della passione: «Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33).
Dopo aver ascoltato i due discepoli sulla strada per Emmaus, Gesù risorto «cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24,27). E i cuori dei discepoli si riscaldarono, come alla fine si confideranno l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?» (v. 32). Gesù infatti è la Parola vivente, che sola può far ardere, illuminare e trasformare il cuore.
Così comprendiamo meglio l’affermazione di San Girolamo: «Ignorare le Scritture è ignorare Cristo» (In Is., Prologo). «Senza il Signore che ci introduce è impossibile comprendere in profondità la Sacra Scrittura, ma è altrettanto vero il contrario: senza la Sacra Scrittura restano indecifrabili gli eventi della missione di Gesù e della sua Chiesa nel mondo» (Lett. ap. M.P. Aperuit illis, 1). Perciò, la conoscenza della Scrittura è importante per la vita del cristiano, e ancora di più per l’annuncio di Cristo e del suo Vangelo. Altrimenti, che cosa si trasmette agli altri se non le proprie idee e i propri progetti? E un cuore freddo, potrà mai far ardere quello degli altri?
Lasciamoci dunque sempre accompagnare dal Signore risorto che ci spiega il senso delle Scritture. Lasciamo che Egli faccia ardere il nostro cuore, ci illumini e ci trasformi, affinché possiamo annunciare al mondo il suo mistero di salvezza con la potenza e la sapienza che vengono dal suo Spirito.
2. Occhi che «si aprirono e lo riconobbero» nello spezzare il pane. Gesù nell’Eucaristia è culmine e fonte della missione.
I cuori ardenti per la Parola di Dio spinsero i discepoli di Emmaus a chiedere al misterioso Viandante di restare con loro sul far della sera. E, intorno alla mensa, i loro occhi si aprirono e lo riconobbero quando Lui spezzò il pane. L’elemento decisivo che apre gli occhi dei discepoli è la sequenza delle azioni compiute da Gesù: prendere il pane, benedirlo, spezzarlo e darlo a loro. Sono gesti ordinari di un capofamiglia ebreo, ma, compiuti da Gesù Cristo con la grazia dello Spirito Santo, rinnovano per i due commensali il segno della moltiplicazione dei pani e soprattutto quello dell’Eucaristia, sacramento del Sacrificio della croce. Ma proprio nel momento in cui riconoscono Gesù in Colui-che-spezza-il-pane, «egli sparì dalla loro vista» (Lc 24,31). Questo fatto fa capire una realtà essenziale della nostra fede: Cristo che spezza il pane diventa ora il Pane spezzato, condiviso con i discepoli e quindi consumato da loro. È diventato invisibile, perché è entrato ora dentro i cuori dei discepoli per farli ardere ancora di più, spingendoli a riprendere il cammino senza indugio per comunicare a tutti l’esperienza unica dell’incontro con il Risorto! Così Cristo risorto è Colui-che-spezza-il-pane e al contempo è il Pane-spezzato-per-noi. E dunque ogni discepolo missionario è chiamato a diventare, come Gesù e in Lui, grazie all’azione dello Spirito Santo, colui-che-spezza-il-pane e colui-che-è-pane-spezzato per il mondo.
A questo proposito, occorre ricordare che un semplice spezzare il pane materiale con gli affamati nel nome di Cristo è già un atto cristiano missionario. Tanto più lo spezzare il Pane eucaristico che è Cristo stesso è l’azione missionaria per eccellenza, perché l’Eucaristia è fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa.
Lo ha ricordato il Papa Benedetto XVI: «Non possiamo tenere per noi l’amore che celebriamo nel Sacramento [dell’Eucaristia]. Esso chiede per sua natura di essere comunicato a tutti. Ciò di cui il mondo ha bisogno è l’amore di Dio, è incontrare Cristo e credere in Lui. Per questo l’Eucaristia non è solo fonte e culmine della vita della Chiesa; lo è anche della sua missione: “Una Chiesa autenticamente eucaristica è una Chiesa missionaria”» (Esort. ap. Sacramentum caritatis, 84).
Per portare frutto dobbiamo restare uniti a Lui (cfr Gv 15,4-9). E questa unione si realizza attraverso la preghiera quotidiana, in particolare nell’adorazione, nel rimanere in silenzio alla presenza del Signore, che rimane con noi nell’Eucaristia. Coltivando con amore questa comunione con Cristo, il discepolo missionario può diventare un mistico in azione. Che il nostro cuore brami sempre la compagnia di Gesù, sospirando l’ardente richiesta dei due di Emmaus, soprattutto quando si fa sera: “Resta con noi, Signore!” (cfr Lc 24,29).
3. Piedi in cammino, con la gioia di raccontare il Cristo Risorto. L’eterna giovinezza di una Chiesa sempre in uscita.
Dopo aver aperto gli occhi, riconoscendo Gesù nello «spezzare il pane», i discepoli «partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme» (cfr Lc 24,33). Questo andare in fretta, per condividere con gli altri la gioia dell’incontro con il Signore, manifesta che «la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 1). Non si può incontrare davvero Gesù risorto senza essere infiammati dal desiderio di dirlo a tutti. Perciò, la prima e principale risorsa della missione sono coloro che hanno riconosciuto Cristo risorto, nelle Scritture e nell’Eucaristia, e che portano nel cuore il suo fuoco e nello sguardo la sua luce. Costoro possono testimoniare la vita che non muore mai, anche nelle situazioni più difficili e nei momenti più bui.
L’immagine dei “piedi in cammino” ci ricorda ancora una volta la perenne validità della missio ad gentes, la missione data alla Chiesa dal Signore risorto di evangelizzare ogni persona e ogni popolo sino ai confini della terra. Oggi più che mai l’umanità, ferita da tante ingiustizie, divisioni e guerre, ha bisogno della Buona Notizia della pace e della salvezza in Cristo. Colgo pertanto questa occasione per ribadire che «tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile» (ibid., 14). La conversione missionaria rimane l’obiettivo principale che dobbiamo proporci come singoli e come comunità, perché «l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa» (ibid., 15).
Come afferma l’apostolo Paolo, l’amore di Cristo ci avvince e ci spinge (cfr 2 Cor 5,14). Si tratta qui del duplice amore: quello di Cristo per noi che richiama, ispira e suscita il nostro amore per Lui. Ed è questo amore che rende sempre giovane la Chiesa in uscita, con tutti i suoi membri in missione per annunciare il Vangelo di Cristo, convinti che «Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per sé stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro» (v. 15). A questo movimento missionario tutti possono contribuire: con la preghiera e l’azione, con offerte di denaro e di sofferenze, con la propria testimonianza. Le Pontificie Opere Missionarie sono lo strumento privilegiato per favorire questa cooperazione missionaria a livello spirituale e materiale. Per questo la raccolta di offerte della Giornata Missionaria Mondiale è dedicata alla Pontificia Opera della Propagazione della Fede.
L’urgenza dell’azione missionaria della Chiesa comporta naturalmente una cooperazione missionaria sempre più stretta di tutti i suoi membri ad ogni livello. Questo è un obiettivo essenziale del percorso sinodale che la Chiesa sta compiendo con le parole-chiave comunione, partecipazione, missione. Tale percorso non è sicuramente un piegarsi della Chiesa su sé stessa; non è un processo di sondaggio popolare per decidere, come in un parlamento, che cosa bisogna credere e praticare o no secondo le preferenze umane. È piuttosto un mettersi in cammino come i discepoli di Emmaus, ascoltando il Signore Risorto che sempre viene in mezzo a noi per spiegarci il senso delle Scritture e spezzare il Pane per noi, affinché possiamo portare avanti con la forza dello Spirito Santo la sua missione nel mondo.
Come quei due discepoli narrarono agli altri ciò che era accaduto lungo la via (cfr Lc 24,35), così anche il nostro annuncio sarà un raccontare gioioso il Cristo Signore, la sua vita, la sua passione, morte e risurrezione, le meraviglie che il suo amore ha compiuto nella nostra vita.
Ripartiamo dunque anche noi, illuminati dall’incontro con il Risorto e animati dal suo Spirito. Ripartiamo con cuori ardenti, occhi aperti, piedi in cammino, per far ardere altri cuori con la Parola di Dio, aprire altri occhi a Gesù Eucaristia, e invitare tutti a camminare insieme sulla via della pace e della salvezza che Dio in Cristo ha donato all’umanità.
Santa Maria del cammino, Madre dei discepoli missionari di Cristo e Regina delle missioni, prega per noi!
Roma, San Giovanni in Laterano, 6 gennaio 2023, Solennità dell’Epifania del Signore.
FRANCESCO
STRUMENTI DI ANIMAZIONE E PREGHIERA PER L’OTTOBRE MISSIONARIO 2023
Animazione liturgica per le domeniche di Ottobre
Veglia per la Giornata Missionaria Mondiale 2023
Video-testimonianze sul tema “Cuori ardenti, piedi in cammino” per l’ottobre missionario 2023
Schede didattiche di approfondimento ai video ed interviste correlate
Veglia per la Giornata missionaria delle religiose_1 Ottobre
Buone pratiche per vivere l’Ottobre Missionario
Scheda ottobre missionario per ragazzi
Manifesto Giornata Missionaria Mondiale
Locandina 5 settimane dell’Ottobre Missionario
SOSTIENI LE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE
23 ottobre 2022 : 96ª Giornata
“Di me sarete testimoni” (At 1,8) Vite che parlano
Introduzione al tema di don Giuseppe Pizzoli, direttore generale Fondazione Missio
La Giornata Missionaria Mondiale 2022 trova il suo principale riferimento tematico nel messaggio di Papa Francesco, pubblicato il 6 gennaio scorso, che porta il titolo «Di me sarete testimoni» (At 1,8). Il Papa ci dice: «Come Cristo è il primo inviato, cioè missionario del Padre (cfr Gv 20,21) e, in quanto tale, è il suo “testimone fedele” (cfr Ap 1,5), così ogni cristiano è chiamato a essere missionario e testimone di Cristo. E la Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo, non ha altra missione se non quella di evangelizzare il mondo, rendendo testimonianza a Cristo. L’identità della Chiesa è evangelizzare».
L’ottobre missionario di quest’anno si inserisce nel contesto di importanti eventi di cui non possiamo non tenere conto.
- Prima di tutto ricordiamo che in quest’anno ricorrono importanti anniversari per la vita e missione della Chiesa: la fondazione, 400 anni fa, della Congregazione de Propaganda Fide – oggi denominata “per l’Evangelizzazione dei Popoli” – e, 200 anni fa, dell’Opera della Propagazione della Fede, per iniziativa di una giovane laica francese, Pauline Jaricot, della quale abbiamo celebrato la beatificazione il 22 maggio scorso. Questa preziosa Opera, che in breve si è sparsa in tutta la Francia ed in altri paesi europei, insieme all’Opera della Santa Infanzia e all’Opera di San Pietro Apostolo, 100 anni fa sono state riconosciute come Opere “Pontificie”, cioè importanti per la vita di tutta la Chiesa e di tutte le Chiese, in particolare per quelle più giovani e più fragili. In questo ottobre missionario facciamo nostro l’augurio del Papa: «Auspico che le Chiese locali possano trovare in queste Opere un solido strumento per alimentare lo spirito missionario nel Popolo di Dio».
- Non possiamo dimenticare il “cammino sinodale della Chiesa italiana” che, nell’anno pastorale 2022-2023 prevede un approfondimento della fase di “ascolto” iniziata nel precedente anno pastorale: la vita di ogni uomo e donna è preziosa e ha qualcosa di significativo da offrire. In particolare vogliamo rivolgere a tutte le comunità cristiane un invito a “mettersi in ascolto” delle vite di tanti missionari e del loro “camminare insieme” con le Chiese che sono chiamati a servire: sono vite che hanno tante cose da dirci, sia come testimonianze personali di fede e di servizio all’evangelizzazione, sia come esperienze di Chiese particolari che si impegnano a vivere la sinodalità. Le loro esperienze di evangelizzazione sono importanti anche per le nostre comunità: sono «Vite che parlano»; che parlano di Cristo risorto e vivo, speranza per tutti gli uomini del mondo. Sull’esempio dei missionari vogliamo anche noi imparare a far sì che le nostre vite “parlino” e siano, pur nella semplicità, una testimonianza del Signore Gesù e del suo amore.
- Infine, l’ottobre missionario di quest’anno avrà un “preludio” particolarmente significativo nel Festival della Missione che si realizzerà a Milano dal 29 settembre al 2 ottobre 2022: un evento che coinvolge tutto il mondo missionario italiano (Fondazione Missio, CIMI, missionari religiosi e religiose, fidei donum, laici, associazioni e movimenti di solidarietà e cooperazione…), il cui tema è “Vivere per Dono”. Avremo occasione di incontrare molti missionari che ci trasmetteranno la loro esperienza di “vita donata” a Cristo e alla missione evangelizzatrice della Chiesa.
L’ascolto delle vite dei missionari risvegli in ciascun fedele il desiderio e la disponibilità di partecipare alla missione universale della Chiesa. Rinnoviamo a tutti l’invito di Papa Francesco nel suo messaggio: «ai discepoli è chiesto di vivere la loro vita personale in chiave di missione: sono inviati da Gesù al mondo non solo per fare la missione, ma anche e soprattutto per vivere la missione a loro affidata; non solo per dare testimonianza, ma anche e soprattutto per essere testimoni di Cristo».
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2022
«Di me sarete testimoni» (At 1,8)
Cari fratelli e sorelle!
Queste parole appartengono all’ultimo colloquio di Gesù Risorto con i suoi discepoli, prima di ascendere al Cielo, come descritto negli Atti degli Apostoli: «Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (1,8). E questo è anche il tema della Giornata Missionaria Mondiale 2022, che come sempre ci aiuta a vivere il fatto che la Chiesa è per sua natura missionaria. Quest’anno essa ci offre l’occasione di commemorare alcune ricorrenze rilevanti per la vita e missione della Chiesa: la fondazione, 400 anni fa, della Congregazione de Propaganda Fide – oggi per l’Evangelizzazione dei Popoli – e, 200 anni fa, dell’Opera della Propagazione della Fede, che, insieme all’Opera della Santa Infanzia e all’Opera di San Pietro Apostolo, 100 anni fa hanno ottenuto il riconoscimento di “Pontificie”.
Fermiamoci su queste tre espressioni-chiave che riassumono i tre fondamenti della vita e della missione dei discepoli: «Mi sarete testimoni», «fino ai confini della terra» e «riceverete la forza dallo Spirito Santo».
1. «Di me sarete testimoni» – La chiamata di tutti i cristiani a testimoniare Cristo
È il punto centrale, il cuore dell’insegnamento di Gesù ai discepoli in vista della loro missione nel mondo. Tutti i discepoli saranno testimoni di Gesù grazie allo Spirito Santo che riceveranno: saranno costituiti tali per grazia. Ovunque vadano, dovunque siano. Come Cristo è il primo inviato, cioè missionario del Padre (cfr Gv 20,21) e, in quanto tale, è il suo “testimone fedele” (cfr Ap 1,5), così ogni cristiano è chiamato a essere missionario e testimone di Cristo. E la Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo, non ha altra missione se non quella di evangelizzare il mondo, rendendo testimonianza a Cristo. L’identità della Chiesa è evangelizzare.
Una rilettura d’insieme più approfondita ci chiarisce alcuni aspetti sempre attuali per la missione affidata da Cristo ai discepoli: «Di me sarete testimoni». La forma plurale sottolinea il carattere comunitario-ecclesiale della chiamata missionaria dei discepoli. Ogni battezzato è chiamato alla missione nella Chiesa e su mandato della Chiesa: la missione perciò si fa insieme, non individualmente, in comunione con la comunità ecclesiale e non per propria iniziativa. E se anche c’è qualcuno che in qualche situazione molto particolare porta avanti la missione evangelizzatrice da solo, egli la compie e dovrà compierla sempre in comunione con la Chiesa che lo ha mandato. Come insegnava San Paolo VI nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, documento a me molto caro: «Evangelizzare non è mai per nessuno un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale. Allorché il più sconosciuto predicatore, catechista o pastore, nel luogo più remoto, predica il Vangelo, raduna la sua piccola comunità o amministra un Sacramento, anche se si trova solo compie un atto di Chiesa, e il suo gesto è certamente collegato mediante rapporti istituzionali, ma anche mediante vincoli invisibili e radici profonde dell’ordine della grazia, all’attività evangelizzatrice di tutta la Chiesa» (n. 60). Infatti, non a caso il Signore Gesù ha mandato i suoi discepoli in missione a due a due; la testimonianza dei cristiani a Cristo ha un carattere soprattutto comunitario. Da qui l’importanza essenziale della presenza di una comunità, anche piccola, nel portare avanti la missione.
In secondo luogo, ai discepoli è chiesto di vivere la loro vita personale in chiave di missione: sono inviati da Gesù al mondo non solo per fare la missione, ma anche e soprattutto per vivere la missione a loro affidata; non solo per dare testimonianza, ma anche e soprattutto per essere testimoni di Cristo. Come dice l’apostolo Paolo con parole davvero commoventi: «Portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo» (2 Cor 4,10). L’essenza della missione è il testimoniare Cristo, vale a dire la sua vita, passione, morte, e risurrezione per amore del Padre e dell’umanità. Non è un caso che gli Apostoli abbiano cercato il sostituto di Giuda tra coloro che, come loro, erano stati testimoni della sua resurrezione (cfr At 1,22). È Cristo, e Cristo risorto, Colui che dobbiamo testimoniare e la cui vita dobbiamo condividere. I missionari di Cristo non sono inviati a comunicare sé stessi, a mostrare le loro qualità e capacità persuasive o le loro doti manageriali. Hanno, invece l’altissimo onore di offrire Cristo, in parole e azioni, annunciando a tutti la Buona Notizia della sua salvezza con gioia e franchezza, come i primi apostoli.
Perciò, in ultima analisi, il vero testimone è il “martire”, colui che dà la vita per Cristo, ricambiando il dono che Lui ci ha fatto di Sé stesso. «La prima motivazione per evangelizzare è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto, l’esperienza di essere salvati da Lui che ci spinge ad amarlo sempre di più» (Evangelii gaudium, 264).
Infine, a proposito della testimonianza cristiana, rimane sempre valida l’osservazione di San Paolo VI: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» (Evangelii nuntiandi, 41). Perciò è fondamentale, per la trasmissione della fede, la testimonianza di vita evangelica dei cristiani. D’altra parte, resta altrettanto necessario il compito di annunciare la sua persona e il suo messaggio. Infatti, lo stesso Paolo VI così prosegue: «Sì, è sempre indispensabile la predicazione, questa proclamazione verbale di un messaggio. […] La parola resta sempre attuale, soprattutto quando è portatrice della potenza di Dio. Per questo resta ancora attuale l’assioma di S. Paolo: “La fede dipende dalla predicazione” (Rm 10,17): è appunto la Parola ascoltata che porta a credere» (ibid., 42).
Nell’evangelizzazione, perciò, l’esempio di vita cristiana e l’annuncio di Cristo vanno insieme. L’uno serve all’altro. Sono i due polmoni con cui deve respirare ogni comunità per essere missionaria. Questa testimonianza completa, coerente e gioiosa di Cristo sarà sicuramente la forza di attrazione per la crescita della Chiesa anche nel terzo millennio. Esorto pertanto tutti a riprendere il coraggio, la franchezza, quella parresia dei primi cristiani, per testimoniare Cristo con parole e opere, in ogni ambiente di vita.
2. «Fino ai confini della terra» – L’attualità perenne di una missione di evangelizzazione universale
Esortando i discepoli a essere i suoi testimoni, il Signore risorto annuncia dove essi sono inviati: «A Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8). Emerge ben chiaro qui il carattere universale della missione dei discepoli. Si mette in risalto il movimento geografico “centrifugo”, quasi a cerchi concentrici, da Gerusalemme, considerata dalla tradizione giudaica come centro del mondo, alla Giudea e alla Samaria, e fino “all’estremità della terra”. Non sono mandati a fare proselitismo, ma ad annunciare; il cristiano non fa proselitismo. Gli Atti degli Apostoli ci raccontano questo movimento missionario: esso ci dà una bellissima immagine della Chiesa “in uscita” per compiere la sua vocazione di testimoniare Cristo Signore, orientata dalla Provvidenza divina mediante le concrete circostanze della vita. I primi cristiani, in effetti, furono perseguitati a Gerusalemme e perciò si dispersero in Giudea e Samaria e testimoniarono Cristo dappertutto (cfr At 8,1.4).
Qualcosa di simile ancora accade nel nostro tempo. A causa di persecuzioni religiose e situazioni di guerra e violenza, molti cristiani sono costretti a fuggire dalla loro terra verso altri Paesi. Siamo grati a questi fratelli e sorelle che non si chiudono nella sofferenza ma testimoniano Cristo e l’amore di Dio nei Paesi che li accolgono. A questo li esortava San Paolo VI considerando la «responsabilità che spetta agli emigranti nei Paesi che li ricevono» (Evangelii nuntiandi, 21). In effetti, sempre più sperimentiamo come la presenza dei fedeli di varie nazionalità arricchisce il volto delle parrocchie e le rende più universali, più cattoliche. Di conseguenza, la cura pastorale dei migranti è un’attività missionaria da non trascurare, che potrà aiutare anche i fedeli locali a riscoprire la gioia della fede cristiana che hanno ricevuto.
L’indicazione “fino ai confini della terra” dovrà interrogare i discepoli di Gesù di ogni tempo e li dovrà spingere sempre ad andare oltre i luoghi consueti per portare la testimonianza di Lui. Malgrado tutte le agevolazioni dovute ai progressi della modernità, esistono ancora oggi zone geografiche in cui non sono ancora arrivati i missionari testimoni di Cristo con la Buona Notizia del suo amore. D’altra parte, non ci sarà nessuna realtà umana estranea all’attenzione dei discepoli di Cristo nella loro missione. La Chiesa di Cristo era, è e sarà sempre “in uscita” verso i nuovi orizzonti geografici, sociali, esistenziali, verso i luoghi e le situazioni umane “di confine”, per rendere testimonianza di Cristo e del suo amore a tutti gli uomini e le donne di ogni popolo, cultura, stato sociale. In questo senso, la missione sarà sempre anche missio ad gentes, come ci ha insegnato il Concilio Vaticano II, perché la Chiesa dovrà sempre spingersi oltre, oltre i propri confini, per testimoniare a tutti l’amore di Cristo. Vorrei in proposito ricordare e ringraziare i tanti missionari che hanno speso la vita per andare “oltre”, incarnando la carità di Cristo verso i tanti fratelli e sorelle che hanno incontrato.
3. «Riceverete la forza dallo Spirito Santo» – Lasciarsi sempre fortificare e guidare dallo Spirito
Annunciando ai discepoli la loro missione di essere suoi testimoni, Cristo risorto ha promesso anche la grazia per una così grande responsabilità: «Riceverete la forza dello Spirito Santo e di me sarete testimoni» (At 1,8). Effettivamente, secondo il racconto degli Atti, proprio in seguito alla discesa dello Spirito Santo sui discepoli di Gesù è avvenuta la prima azione di testimoniare Cristo, morto e risorto, con un annuncio kerigmatico, il cosiddetto discorso missionario di San Pietro agli abitanti di Gerusalemme. Così comincia l’era dell’evangelizzazione del mondo da parte dei discepoli di Gesù, che erano prima deboli, paurosi, chiusi. Lo Spirito Santo li ha fortificati, ha dato loro coraggio e sapienza per testimoniare Cristo davanti a tutti.
Come «nessuno può dire: “Gesù è Signore”, se non sotto l’azione dello Spirito Santo» (1 Cor 12,3), così nessun cristiano potrà dare testimonianza piena e genuina di Cristo Signore senza l’ispirazione e l’aiuto dello Spirito. Perciò ogni discepolo missionario di Cristo è chiamato a riconoscere l’importanza fondamentale dell’agire dello Spirito, a vivere con Lui nel quotidiano e a ricevere costantemente forza e ispirazione da Lui. Anzi, proprio quando ci sentiamo stanchi, demotivati, smarriti, ricordiamoci di ricorrere allo Spirito Santo nella preghiera, la quale – voglio sottolineare ancora – ha un ruolo fondamentale nella vita missionaria, per lasciarci ristorare e fortificare da Lui, sorgente divina inesauribile di nuove energie e della gioia di condividere con gli altri la vita di Cristo. «Ricevere la gioia dello Spirito è una grazia. Ed è l’unica forza che possiamo avere per predicare il Vangelo, per confessare la fede nel Signore» (Messaggio alle Pontificie Opere Missionarie, 21 maggio 2020). Così è lo Spirito il vero protagonista della missione: è Lui a donare la parola giusta al momento giusto nel modo giusto.
È alla luce dell’azione dello Spirito Santo che vogliamo leggere anche gli anniversari missionari di questo 2022. L’istituzione della Sacra Congregazione de propaganda fide, nel 1622, fu motivata dal desiderio di promuovere il mandato missionario in nuovi territori. Un’intuizione provvidenziale! La Congregazione si è rivelata cruciale per rendere la missione evangelizzatrice della Chiesa veramente tale, indipendente cioè dalle ingerenze dei poteri mondani, al fine di costituire quelle Chiese locali che oggi mostrano tanto vigore. Ci auguriamo che, come nei quattro secoli passati, la Congregazione, con la luce e la forza dello Spirito, continui e intensifichi il suo lavoro nel coordinare, organizzare, animare le attività missionarie della Chiesa.
Lo stesso Spirito, che guida la Chiesa universale, ispira anche uomini e donne semplici per missioni straordinarie. Ed è stato così che una ragazza francese, Pauline Jaricot, ha fondato esattamente 200 anni fa l’Associazione della Propagazione della Fede; la sua beatificazione si celebra in quest’anno giubilare. Pur in condizioni precarie, lei accolse l’ispirazione di Dio per mettere in moto una rete di preghiera e colletta per i missionari, in modo che i fedeli potessero partecipare attivamente alla missione “fino ai confini della terra”. Da questa idea geniale nacque la Giornata Missionaria Mondiale che celebriamo ogni anno, e la cui colletta in tutte le comunità è destinata al fondo universale con il quale il Papa sostiene l’attività missionaria.
In questo contesto ricordo anche il Vescovo francese Charles de Forbin-Janson, che iniziò l’Opera della Santa Infanzia per promuovere la missione tra i bambini con il motto “I bambini evangelizzano i bambini, i bambini pregano per i bambini, i bambini aiutano i bambini di tutto il mondo”; come pure la signora Jeanne Bigard, che diede vita all’Opera di San Pietro Apostolo per il sostegno dei seminaristi e dei sacerdoti in terra di missione. Queste tre Opere missionarie sono state riconosciute come “pontificie” proprio cent’anni fa. Ed è stato pure sotto l’ispirazione e la guida dello Spirito Santo che il Beato Paolo Manna, nato 150 anni or sono, fondò l’attuale Pontificia Unione Missionaria per sensibilizzare e animare alla missione i sacerdoti, i religiosi e le religiose e tutto il popolo di Dio. Di quest’ultima Opera fece parte lo stesso Paolo VI, che le confermò il riconoscimento pontificio. Menziono queste quattro Pontificie Opere Missionarie per i loro grandi meriti storici e anche per invitarvi a gioire con esse in questo anno speciale per le attività svolte a sostegno della missione evangelizzatrice nella Chiesa universale e in quelle locali. Auspico che le Chiese locali possano trovare in queste Opere un solido strumento per alimentare lo spirito missionario nel Popolo di Dio.
Cari fratelli e sorelle, continuo a sognare la Chiesa tutta missionaria e una nuova stagione dell’azione missionaria delle comunità cristiane. E ripeto l’auspicio di Mosè per il popolo di Dio in cammino: «Fossero tutti profeti nel popolo del Signore!» (Nm 11,29). Sì, fossimo tutti noi nella Chiesa ciò che già siamo in virtù del battesimo: profeti, testimoni, missionari del Signore! Con la forza dello Spirito Santo e fino agli estremi confini della terra. Maria, Regina delle missioni, prega per noi!
Roma, San Giovanni in Laterano, 6 gennaio 2022, Epifania del Signore.
FRANCESCO
24 ottobre 2021 : 95ª Giornata
“Testimoni e profeti”
PREGHIERA per l'Ottobre Missionario
O Signore,
come hai promesso,
rendi PROFETI noi,
tuoi figli e figlie!
Fa’ che ci spinga
Il vento leggero della quotidianità,
e ci scuota
il fuoco bruciante del tuo Spirito,
che ci convincerà ad uscire
dai nostri chiusi confini.
Sull’esempio di tanti confessori della fede,
fa’ che non temiamo
ingiustizie e violenza,
ma, quali TESTIMONI del tuo Regno,
già presente tra noi,
e PROFETI della sua realizzazione piena,
in ogni luogo della terra,
ci sforziamo ogni giorno
di far crescere giustizia e pace,
fraternità e condivisione,
accoglienza e stupore,
doni di vita per l’umanità.
Donaci di meditare
e vivere ogni giorno
la Tua Parola,
sull’esempio di Maria,
grembo di profezia realizzata,
per essere TESTIMONI
del progetto di amore
svelato al mondo
dal tuo figlio Gesù. AMEN
Il tema che proponiamo per l’ottobre missionario di quest’anno viene a completare un percorso triennale di formazione missionaria che abbiamo pensato come sviluppo del Mese Missionario Straordinario voluto da Papa Francesco nel 2019. Per comprendere meglio il senso e il valore del tema proposto è bene ricordare la sequenza:
- “Battezzati e inviati”: riscoprire la vocazione missionaria che è di tutti i battezzati (2019);
- “Tessitori di Fraternità”: vivere il progetto di Gesù come discepoli che amano come Lui ha amato (2020);
- “Testimoni e Profeti”: annunciare il Regno di Dio, che verrà e che è già germogliato in mezzo a noi (2021).
TESTIMONI E PROFETI: siamo chiamati a guardare questo tempo che viviamo e la realtà che ci circonda con occhi di fiducia e di speranza. Siamo certi che, anche nel mezzo della pandemia e delle crisi conseguenti che ci accompagneranno per molto tempo ancora, il Signore non ci ha mai abbandonato e continua ad accompagnarci. Il Regno di Dio non è solo una promessa per un futuro che sentiamo ancora troppo lontano. Il suo Regno è già inaugurato, è già presente: ne sappiamo leggere i segni e, da autentici missionari, lo facciamo conoscere perché sia una speranza rigeneratrice per tutti.
Anche il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale ci esorta ad essere testimoni e profeti, con lo stesso coraggio di Pietro e Giovanni che, davanti ai capi del popolo e agli anziani, non hanno paura di dire: «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20). Papa Francesco dice: “Nel contesto attuale c’è bisogno urgente di missionari di speranza che, unti dal Signore, siano capaci di ricordare profeticamente che nessuno si salva da solo. Come gli Apostoli e i primi cristiani, anche noi diciamo con tutte le nostre forze: «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20)”. E più avanti Papa Francesco aggiunge: “I primi cristiani, lungi dal cedere alla tentazione di chiudersi in un’élite, furono attratti dal Signore e dalla vita nuova che Egli offriva ad andare tra le genti e testimoniare quello che avevano visto e ascoltato: il Regno di Dio è vicino. Lo fecero con la generosità, la gratitudine e la nobiltà proprie di coloro che seminano sapendo che altri mangeranno il frutto del loro impegno e del loro sacrificio. Perciò mi piace pensare che «anche i più deboli, limitati e feriti possono essere [missionari] a modo loro, perché bisogna sempre permettere che il bene venga comunicato, anche se coesiste con molte fragilità”.
Cari fratelli e sorelle,
quando sperimentiamo la forza dell’amore di Dio, quando riconosciamo la sua presenza di Padre nella nostra vita personale e comunitaria, non possiamo fare a meno di annunciare e condividere ciò che abbiamo visto e ascoltato. La relazione di Gesù con i suoi discepoli, la sua umanità che ci si rivela nel mistero dell’Incarnazione, nel suo Vangelo e nella sua Pasqua ci mostrano fino a che punto Dio ama la nostra umanità e fa proprie le nostre gioie e le nostre sofferenze, i nostri desideri e le nostre angosce (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 22). Tutto in Cristo ci ricorda che il mondo in cui viviamo e il suo bisogno di redenzione non gli sono estranei e ci chiama anche a sentirci parte attiva di questa missione: «Andate ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli» (Mt 22,9). Nessuno è estraneo, nessuno può sentirsi estraneo o lontano rispetto a questo amore di compassione.
L’esperienza degli Apostoli
La storia dell’evangelizzazione comincia con una ricerca appassionata del Signore che chiama e vuole stabilire con ogni persona, lì dove si trova, un dialogo di amicizia (cfr Gv 15,12-17). Gli Apostoli sono i primi a riferirci questo, ricordando perfino il giorno e l’ora in cui lo incontrarono: «Erano circa le quattro del pomeriggio» (Gv 1,39). L’amicizia con il Signore, vederlo curare i malati, mangiare con i peccatori, nutrire gli affamati, avvicinarsi agli esclusi, toccare gli impuri, identificarsi con i bisognosi, invitare alle beatitudini, insegnare in maniera nuova e piena di autorità, lascia un’impronta indelebile, capace di suscitare stupore e una gioia espansiva e gratuita che non si può contenere. Come diceva il profeta Geremia, questa esperienza è il fuoco ardente della sua presenza attiva nel nostro cuore che ci spinge alla missione, benché a volte comporti sacrifici e incomprensioni (cfr 20,7-9). L’amore è sempre in movimento e ci pone in movimento per condividere l’annuncio più bello e fonte di speranza: «Abbiamo trovato il Messia» (Gv 1,41).
Con Gesù abbiamo visto, ascoltato e toccato che le cose possono essere diverse. Lui ha inaugurato, già oggi, i tempi futuri ricordandoci una caratteristica essenziale del nostro essere umani, tante volte dimenticata: «siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore» (Enc. Fratelli tutti, 68). Tempi nuovi che suscitano una fede in grado di dare impulso a iniziative e plasmare comunità, a partire da uomini e donne che imparano a farsi carico della fragilità propria e degli altri, promuovendo la fraternità e l’amicizia sociale (cfr ibid., 67). La comunità ecclesiale mostra la sua bellezza ogni volta che ricorda con gratitudine che il Signore ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,19). La «predilezione amorosa del Signore ci sorprende, e lo stupore, per sua natura, non può essere posseduto né imposto da noi. […] Solo così può fiorire il miracolo della gratuità, del dono gratuito di sé. Anche il fervore missionario non si può mai ottenere in conseguenza di un ragionamento o un calcolo. Il mettersi “in stato di missione” è un riflesso della gratitudine» (Messaggio alle Pontificie Opere Missionarie, 21 maggio 2020).
Tuttavia, i tempi non erano facili; i primi cristiani incominciarono la loro vita di fede in un ambiente ostile e arduo. Storie di emarginazione e di prigionia si intrecciavano con resistenze interne ed esterne, che sembravano contraddire e perfino negare ciò che avevano visto e ascoltato; ma questo, anziché essere una difficoltà o un ostacolo che li avrebbe potuti portare a ripiegarsi o chiudersi in sé stessi, li spinse a trasformare ogni inconveniente, contrarietà e difficoltà in opportunità per la missione. I limiti e gli impedimenti diventarono anch’essi luogo privilegiato per ungere tutto e tutti con lo Spirito del Signore. Niente e nessuno poteva rimanere estraneo all’annuncio liberatore.
Abbiamo la testimonianza viva di tutto questo negli Atti degli Apostoli, libro che i discepoli missionari tengono sempre a portata di mano. È il libro che narra come il profumo del Vangelo si diffuse al suo passaggio suscitando la gioia che solo lo Spirito ci può donare. Il libro degli Atti degli Apostoli ci insegna a vivere le prove stringendoci a Cristo, per maturare la «convinzione che Dio può agire in qualsiasi circostanza, anche in mezzo ad apparenti fallimenti» e la certezza che «chi si offre e si dona a Dio per amore, sicuramente sarà fecondo (cfr Gv 15,5)» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 279).
Così anche noi: nemmeno l’attuale momento storico è facile. La situazione della pandemia ha evidenziato e amplificato il dolore, la solitudine, la povertà e le ingiustizie di cui già tanti soffrivano e ha smascherato le nostre false sicurezze e le frammentazioni e polarizzazioni che silenziosamente ci lacerano. I più fragili e vulnerabili hanno sperimentato ancora di più la propria vulnerabilità e fragilità. Abbiamo vissuto lo scoraggiamento, il disincanto, la fatica; e perfino l’amarezza conformista, che toglie la speranza, ha potuto impossessarsi dei nostri sguardi. Noi, però, «non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù» (2 Cor 4,5). Per questo sentiamo risuonare nelle nostre comunità e nelle nostre famiglie la Parola di vita che riecheggia nei nostri cuori e ci dice: «Non è qui, è risorto» (Lc 24,6); Parola di speranza che rompe ogni determinismo e, a coloro che si lasciano toccare, dona la libertà e l’audacia necessarie per alzarsi in piedi e cercare con creatività tutti i modi possibili di vivere la compassione, “sacramentale” della vicinanza di Dio a noi che non abbandona nessuno ai bordi della strada. In questo tempo di pandemia, davanti alla tentazione di mascherare e giustificare l’indifferenza e l’apatia in nome del sano distanziamento sociale, è urgente la missione della compassione capace di fare della necessaria distanza un luogo di incontro, di cura e di promozione. «Quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20), la misericordia che ci è stata usata, si trasforma nel punto di riferimento e di credibilità che ci permette di recuperare la passione condivisa per creare «una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale destinare tempo, impegno e beni» (Enc. Fratelli tutti, 36). È la sua Parola che quotidianamente ci redime e ci salva dalle scuse che portano a chiuderci nel più vile degli scetticismi: “tanto è lo stesso, nulla cambierà”. E di fronte alla domanda: “a che scopo mi devo privare delle mie sicurezze, comodità e piaceri se non posso vedere nessun risultato importante?”, la risposta resta sempre la stessa: «Gesù Cristo ha trionfato sul peccato e sulla morte ed è ricolmo di potenza. Gesù Cristo vive veramente» (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 275) e vuole anche noi vivi, fraterni e capaci di ospitare e condividere questa speranza. Nel contesto attuale c’è bisogno urgente di missionari di speranza che, unti dal Signore, siano capaci di ricordare profeticamente che nessuno si salva da solo.
Come gli Apostoli e i primi cristiani, anche noi diciamo con tutte le nostre forze: «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20). Tutto ciò che abbiamo ricevuto, tutto ciò che il Signore ci ha via via elargito, ce lo ha donato perché lo mettiamo in gioco e lo doniamo gratuitamente agli altri. Come gli Apostoli che hanno visto, ascoltato e toccato la salvezza di Gesù (cfr 1 Gv 1,1-4), così noi oggi possiamo toccare la carne sofferente e gloriosa di Cristo nella storia di ogni giorno e trovare il coraggio di condividere con tutti un destino di speranza, quella nota indubitabile che nasce dal saperci accompagnati dal Signore. Come cristiani non possiamo tenere il Signore per noi stessi: la missione evangelizzatrice della Chiesa esprime la sua valenza integrale e pubblica nella trasformazione del mondo e nella custodia del creato.
Un invito a ciascuno di noi
Il tema della Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno, «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20), è un invito a ciascuno di noi a “farci carico” e a far conoscere ciò che portiamo nel cuore. Questa missione è ed è sempre stata l’identità della Chiesa: «essa esiste per evangelizzare» (S. Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 14). La nostra vita di fede si indebolisce, perde profezia e capacità di stupore e gratitudine nell’isolamento personale o chiudendosi in piccoli gruppi; per sua stessa dinamica esige una crescente apertura capace di raggiungere e abbracciare tutti. I primi cristiani, lungi dal cedere alla tentazione di chiudersi in un’élite, furono attratti dal Signore e dalla vita nuova che Egli offriva ad andare tra le genti e testimoniare quello che avevano visto e ascoltato: il Regno di Dio è vicino. Lo fecero con la generosità, la gratitudine e la nobiltà proprie di coloro che seminano sapendo che altri mangeranno il frutto del loro impegno e del loro sacrificio. Perciò mi piace pensare che «anche i più deboli, limitati e feriti possono essere [missionari] a modo loro, perché bisogna sempre permettere che il bene venga comunicato, anche se coesiste con molte fragilità» (Esort. ap. postsin. Christus vivit, 239).
Nella Giornata Missionaria Mondiale, che si celebra ogni anno nella penultima domenica di ottobre, ricordiamo con gratitudine tutte le persone che, con la loro testimonianza di vita, ci aiutano a rinnovare il nostro impegno battesimale di essere apostoli generosi e gioiosi del Vangelo. Ricordiamo specialmente quanti sono stati capaci di mettersi in cammino, lasciare terra e famiglia affinché il Vangelo possa raggiungere senza indugi e senza paure gli angoli di popoli e città dove tante vite si trovano assetate di benedizione.
Contemplare la loro testimonianza missionaria ci sprona ad essere coraggiosi e a pregare con insistenza «il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe» (Lc 10,2); infatti siamo consapevoli che la vocazione alla missione non è una cosa del passato o un ricordo romantico di altri tempi. Oggi, Gesù ha bisogno di cuori che siano capaci di vivere la vocazione come una vera storia d’amore, che li faccia andare alle periferie del mondo e diventare messaggeri e strumenti di compassione. Ed è una chiamata che Egli rivolge a tutti, seppure non nello stesso modo. Ricordiamo che ci sono periferie che si trovano vicino a noi, nel centro di una città, o nella propria famiglia. C’è anche un aspetto dell’apertura universale dell’amore che non è geografico bensì esistenziale. Sempre, ma specialmente in questi tempi di pandemia, è importante aumentare la capacità quotidiana di allargare la nostra cerchia, di arrivare a quelli che spontaneamente non li sentiremmo parte del “mio mondo di interessi”, benché siano vicino a noi (cfr Enc. Fratelli tutti, 97). Vivere la missione è avventurarsi a coltivare gli stessi sentimenti di Cristo Gesù e credere con Lui che chi mi sta accanto è pure mio fratello e mia sorella. Che il suo amore di compassione risvegli anche il nostro cuore e ci renda tutti discepoli missionari.
Maria, la prima discepola missionaria, faccia crescere in tutti i battezzati il desiderio di essere sale e luce nelle nostre terre (cfr Mt 5,13-14).
Roma, San Giovanni in Laterano, 6 gennaio 2021, Solennità dell’Epifania del Signore.
Francesco
STRUMENTI DI ANIMAZIONE E PREGHIERA PER L’OTTOBRE MISSIONARIO 2021
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