Giornata Nazionale del Ringraziamento
Giornata del ringraziamento La Presidenza della C.E.I. invita a celebrare in tutte le diocesi di Italia la «Giornata del ringraziamento» nella seconda domenica di novembre p.v., sua data tradizionale.
La «Giornata del ringraziamento», destinata a render grazie a Dio per i doni della terra, ha lontane origini nelle tradizioni religiose del nostro popolo, ed è stata promossa, con lodevole iniziativa, negli ultimi anni da movimenti sociali di ispirazione cristiana.
Sembra opportuno, al momento presente, che l'iniziativa sia ripresa in modo unitario e diretto dalle singole Chiese particolari, chiamandovi a partecipare tutti i fedeli della città e della campagna, insieme alle categorie particolarmente interessate.
E' infatti necessario, oggi più che mai, richiamare gli uomini alla lode di Dio, datore di ogni bene, alla valorizzazione e alla giusta distribuzione dei doni della terra, al rispetto dell'ambiente naturale e alla solidarietà con quelli che lavorano.
Saranno questi i motivi che detteranno la riflessione religiosa della «Giornata di ringraziamento» e ne ispireranno la preghiera, secondo le modalità e le idonee disposizioni che ogni Vescovo vorrà dare per la sua diocesi.
Possa la «Giornata del ringraziamento» essere espressione di fede, riconoscente e supplice, di tutto il popolo cristiano.
Roma, 25 settembre 1974.
10 11 2024 : 74ª Giornata Nazionale del Ringraziamento
La speranza per il domani: verso un’agricoltura più sostenibile
Nel dipinto Il Seminatore (1888), Van Gogh scambia i colori: il cielo è dorato come la messe matura e la terra che accoglie i semi ha il blu del cielo. Ogni volta che un contadino semina, il cielo viene sulla terra. E il seminatore volge le spalle al tramonto per dirigersi verso un’alba nuova. Nel disorientamento che proviamo mentre ci chiediamo dove siamo e quale direzione prendere, nella terra troviamo la speranza per il domani. Questo senso di fiducia nel futuro si amplifica, da un lato, nella gratitudine per il Creato ma, dall’altro, viene adombrato dalla preoccupazione crescente per uno sfruttamento che mette a rischio l’agricoltura e la vita delle persone.
Pubblichiamo il Messaggio per la 74ª Giornata Nazionale del Ringraziamento che si celebrerà il prossimo 10 novembre sul tema: “La speranza per il domani: verso un’agricoltura più sostenibile”.
Nel dipinto Il Seminatore (1888), Van Gogh scambia i colori: il cielo è dorato come la messe matura e la terra che accoglie i semi ha il blu del cielo. Ogni volta che un contadino semina, il cielo viene sulla terra. E il seminatore volge le spalle al tramonto per dirigersi verso un’alba nuova. Nel disorientamento che proviamo mentre ci chiediamo dove siamo e quale direzione prendere, nella terra troviamo la speranza per il domani. Questo senso di fiducia nel futuro si amplifica, da un lato, nella gratitudine per il Creato ma, dall’altro, viene adombrato dalla preoccupazione crescente per uno sfruttamento che mette a rischio l’agricoltura e la vita delle persone.
Quando, durante l’Ultima Cena, Cristo «prese del pane e dopo aver reso grazie, lo spezzò…» (Lc 22, 19), di che cosa ringrazia? Certo, benedice la mensa e il pane che diverrà memoriale della sua Pasqua, della fraternità e della gioia del prendere cibo insieme, ma ringrazia anche di tutti i benefici della creazione: del grano e dei grappoli della vite, della fatica intelligente che li trasforma in cibo e bevanda. La creazione è il dono. Dobbiamo ringraziare per quanto abbiamo ereditato e comprendere quanto questo sia prezioso, soprattutto di fronte agli effetti drammatici della crisi ecologica. La gratitudine, infatti, deve trasformarsi in impegno, in progettualità, in azioni concrete se vogliamo evitare che i paesaggi diventino un lontano ricordo di quello che sono stati e i territori dei frammenti, residuo dello scarto e dell’abbandono.
Solo salvaguardando il terreno e, insieme, le attività agricole e gli agricoltori, può essere perseguito un uso dinamico ma sostenibile che limiti il consumo e lo spreco di territorio e, allo stesso tempo, tuteli le produzioni alimentari e la biodiversità. Il rinnovamento degli stili di vita è una via possibile e percorribile per supportare le politiche ambientali e ri-orientare l’economia nel segno della sostenibilità e della giustizia. L’agricoltura deve mantenere le sue basi ecologiche, che non ha mai dimenticato, ma che rischia di smarrire se insegue il paradigma tecnocratico, che porta alla ricerca di un modello di produzione volto solo alla massimizzazione del profitto. E, di conseguenza, all’abbandono dei campi, alla dismissione di alcune coltivazioni e, in molti casi, della stessa attività agricola a cui, a causa delle difficoltà strutturali dell’agricoltura nazionale, viene preferita la rendita derivante dal consumo del suolo o dal ritorno del bosco non curato.
Nella cultura agricola, invece, la terra è sempre stata considerata preziosa, tanto che veniva utilizzata con cura, senza mai essere impoverita pregiudicandone l’uso futuro. I suoi frutti sono sempre stati destinati a tutti, favorendo la giustizia sociale, con un regime inclusivo delle pratiche agronomiche autoproduttive e forme di scambio improntate a criteri di reciprocità e solidarietà. Questo patrimonio di attenzioni e di tradizione non può essere dissipato, in quanto rappresenta uno stimolo per guardare al futuro e affrontare in modo costruttivo le sfide odierne, dando soluzione a quelle problematiche che, in varie occasioni, sono state portate alla luce da quanti sono impegnati nel mondo agricolo, che chiedono un confronto e un dialogo a più voci sul rapporto tra uso della terra, agricoltura, sostenibilità e tutela del lavoro delle nuove generazioni. Anche la progettualità sostenibile, come l’istallazione di impianti fotovoltaici, deve vigilare affinché ci sia sempre compatibilità con la produzione agricola. Sono questioni centrali per il futuro della nostra Europa.
È tempo di fermare il consumo del suolo, in particolare quello agricolo, che va destinato alla produzione di cibo. Le innovazioni, culturali e sociali, possono aiutarci a ricostruire legami con un’identità rurale che può favorire una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’ecologia integrale. Solo così sarà possibile dimorare sulla terra, trovando l’equilibrio tra uomo e natura e rilanciando la centralità dell’essere custodi del Creato e dei fratelli.
È tempo di coinvolgere le nuove generazioni nella cura della terra indirizzando a un diverso modello economico, riducendo sprechi e consumi, riscoprendo le potenzialità delle comunità locali e salvaguardando le conoscenze tradizionali, riconoscendo il giusto compenso ai produttori e raddrizzando le distorsioni dei sussidi.
Il nostro Paese è un laboratorio ideale, per diversità di ambienti e condizioni socioeconomiche, per sperimentare vie nuove nelle tante forme di agricoltura. Vanno sostenuti i molti giovani – anche immigrati – che hanno deciso di intraprendere questa strada tornando alla terra, pure nelle situazioni più difficili della collina interna e della montagna. Facciamo appello ai giovani agricoltori e ai centri di formazione che li preparano a un lavoro qualificato, perché si sentano protagonisti con la loro attività, di questo momento cruciale della storia, nel quale il loro contributo è fondamentale. Troppo spesso gli imprenditori agricoli non sono stati percepiti come una risorsa indispensabile per la produzione di cibo sano, disponibile per tutti e di qualità.
Mentre non possiamo non riconoscere gli elementi di verità esistenti nelle denunce di insostenibilità ambientale e sociale di tanta agricoltura industriale (non per nulla definita agrobusiness), auspichiamo che si promuovano politiche nazionali ed europee che ripropongano corrette riforme agrarie, adeguato riconoscimento economico del lavoro agricolo e del valore dei prodotti agricoli, riduzione degli sprechi dal campo alla tavola, valorizzazione dell’agricoltura familiare. La polarizzazione tra agricoltura convenzionale e biologica o altro non serve: occorre fare rete e integrare, per combattere la dispersione delle comunità, soprattutto di quelle interne del nostro Paese, e dell’ambiente da cui proviene sostentamento e salute per tutti.
Roma, 2 giugno 2024
Solennità del SS. Corpo e Sangue del Signore
La Commissione Episcopale
per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace
12 11 2023 : 73ª Giornata Nazionale del Ringraziamento
Pubblichiamo il Messaggio per la 73ª Giornata Nazionale del Ringraziamento che si celebrerà il prossimo 12 novembre sul tema: “Lo stile cooperativo per lo sviluppo dell’agricoltura”.
L’insegnamento biblico suggerisce il principio della fraternità quale paradigma capace di illuminare ogni attività umana, agricoltura compresa: il mandato di coltivare e custodire la terra (cf Gn 2,15) coinvolge l’umanità a livello personale, familiare e in ogni forma di collaborazione con gli altri. Nell’Enciclica Fratelli tutti, Papa Francesco non solo rilegge la parabola del Buon Samaritano per aiutarci a riscoprire il senso dell’essere fratelli, ma muove dalla domanda rivolta a Caino «Dov’è Abele, tuo fratello?» (Gn 4,9) per aiutarci a «raccogliere uno sfondo di secoli» in cui la Parola ci invita alla fraternità e ci abilita «a creare una cultura diversa, che orienti a superare le inimicizie e a prenderci cura gli uni degli altri» (Fratelli tutti, n. 57). Anche nell’esperienza del lavoro siamo chiamati a creare quello stile che non ci fa sentire concorrenti, ma fratelli, così come ad esempio ha fatto san Paolo con Aquila e Priscilla: erano fabbricanti di tende, uniti dalla stessa fede, e a Corinto vanno a stare nella stessa abitazione, ottimizzando certamente anche la loro attività (cf At 18, 1-4).
Lo stile cooperativo propone un modello d’impresa nel quale la comunità è un bene per tutti, così come suggerisce la Dottrina Sociale della Chiesa: «I componenti dell’impresa devono essere consapevoli che la comunità nella quale operano rappresenta un bene per tutti e non una struttura che permette di soddisfare esclusivamente gli interessi personali di qualcuno. Solo tale consapevolezza permette di giungere alla costruzione di un’economia veramente al servizio dell’uomo e di elaborare un progetto di reale cooperazione tra le parti sociali. Un esempio molto importante e significativo nella direzione indicata proviene dall’attività che può riferirsi alle imprese cooperative, alle piccole e medie imprese, alle aziende artigianali e a quelle agricole a dimensione familiare. La dottrina sociale ha sottolineato il contributo che esse offrono alla valorizzazione del lavoro, alla crescita del senso di responsabilità personale e sociale, alla vita democratica, ai valori umani utili al progresso del mercato e della società» (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 339).
Le semplificazioni di un’economia che vede tutto come competizione hanno portato talvolta a pensare che esista solo il modello di impresa privato contrapposto a quello pubblico. Nel nostro Paese l’agricoltura familiare ha conosciuto un boom nel secondo dopoguerra grazie alla riforma agraria, portando i lavoratori, soprattutto in alcuni territori, a sentirsi corresponsabili dello sviluppo economico che ha favorito tutti, non poche volte scegliendo di mettere in atto lo stile cooperativo. Anche grazie al contributo del mondo cattolico, tale stile è divenuto una componente fondamentale del sistema produttivo e di primaria importanza per l’agroalimentare italiano. Certo, non sono mancati problemi, soprattutto quando alcuni hanno utilizzato per il proprio profitto l’impresa cooperativa, e non hanno riconosciuto i diritti fondamentali ai loro soci: la vera cooperazione non ha nulla a che vedere con lo sfruttamento lavorativo, bensì potrebbe essere un volano di inclusione di chi è più debole.
Le imprese cooperative del settore agroalimentare, mettendo insieme le loro risorse, possono essere altresì attive nei campi dell’innovazione e dello sviluppo per promuovere nuovi processi produttivi, collaborando con centri di ricerca pubblici e privati e avendo cura di certificare sempre di più i loro prodotti e immetterli sul mercato. In questo modo esse possono promuovere la rigenerazione economica nel settore agricolo e, allo stesso tempo, coltivare insieme un rapporto diretto con i consumatori finali. Tale vicinanza tra produttori e consumatori, che può trarre forza dallo stile cooperativo, è un guadagno sociale e alimentare, oltre che economico, perché aumenta sia la fiducia nelle relazioni sia la qualità del cibo. Il modello cooperativo sviluppa uno stile d’impresa come «società di persone» e non solo di capitali (cf Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 338), democratica e inclusiva, dove tutti hanno pari dignità: favorisce la crescita di tutti i soci e dei membri della comunità in cui opera. Educa a lavorare insieme per realizzare il bene comune e promuove la consapevolezza che ogni persona è dono. Essa può permettere di tenere unito quel capitale umano che consente alle aree più disagiate e interne del Paese di guardare con speranza al futuro.
Il principio della fraternità in agricoltura è ancora più necessario nel contesto storico attuale, nel quale la cura condivisa del territorio, soprattutto di quello rurale come avveniva nel passato, può prevenire disastri idrogeologici e può facilitare un uso condiviso di beni come le risorse idriche, soprattutto nei periodi sempre più frequenti di siccità. Di fronte ai cambiamenti climatici, azioni condivise, sostenute anche dallo stile cooperativo, permettono di mettere in atto un’opera formativa che affronti insieme, superando ogni tentazione egoistica, i disagi sempre più frequenti causati dalle calamità naturali.
La Giornata del Ringraziamento diventa occasione per lodare il Signore per il dono del fratello che condivide il nostro stesso lavoro, permettendo di vivere l’esperienza di comunità nell’attività agricola, non solo a livello familiare e aziendale, ma anche nello stile cooperativo. Ci consente di riflettere anche sul suo senso, che può creare opportunità di condivisione, e può far sì che i territori rurali, soprattutto nelle aree interne, siano rigenerati e ripopolati. In questo tempo di Cammino sinodale, ascoltarsi e fare discernimento sullo stile con cui viviamo il nostro lavoro può aprire a percorsi capaci di farci riscoprire la cooperazione.
Siamo cooperatori nella creazione e, quindi, cooperiamo tra di noi. Impegniamoci a gestire l’acqua, la terra e l’energia in modo fraterno. Educhiamoci a condividere gli strumenti dell’agricoltura, a pensarci in connessione con la vocazione agricola dei territori, ad accogliere il lavoro come una chiamata a sfamare i popoli della terra. «Nessuno si salva da solo», ci ricorda la Fratelli tutti, e «ci si può salvare unicamente insieme» (n. 32): non si tratta di un insegnamento valido solo per il tempo della pandemia, ma è un’acquisizione di cui dovremmo fare sempre tesoro. È un’opportunità per sentirci corresponsabili del mandato di prenderci cura della casa comune ed essere custodi dei nostri fratelli.
Roma, 28 maggio 2023
Solennità di Pentecoste
La Commissione Episcopale
per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace
06 11 2022 : 72ª Giornata Nazionale del Ringraziamento
Pubblichiamo il Messaggio per la 72ª Giornata Nazionale del Ringraziamento che si celebrerà il prossimo 6 novembre sul tema: “«Coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto» (Am 9,14). Custodia del creato, legalità, agromafie”.
L’agricoltura tra corruzione e cura
L’agricoltura è un’attività umana che assicura la produzione di beni primari ed è sorgente di grandi valori: la dignità e la creatività delle persone, la possibilità di una cooperazione fruttuosa, di una fraternità accogliente, il legame sociale che si crea tra i lavoratori. Apprezziamo oggi più che mai questa attività produttiva in un tempo segnato dalla guerra, perché la mancata produzione di grano affama i popoli e li tiene in scacco. Le scelte assurde di investire in armi anziché in agricoltura fanno tornare attuale il sogno di Isaia di trasformare le spade in aratri, le lance in falci (cf. Is 2,15).
Non poche volte all’interno dell’attività agricola si infiltra un agire che crea grandi squilibri economici, sociali e ambientali. È ormai ampiamente documentata in alcune regioni italiane l’attività fiorente delle agromafie, che fanno scivolare verso l’economia sommersa anche settori e soggetti tradizionalmente sani, coinvolgendoli in reti di relazioni corrotte. Il riciclaggio di denaro sporco o l’inquinamento dei terreni su cui si sversano sostanze nocive, il fenomeno delle «terre dei fuochi» che evidenziano i danni subiti dagli agricoltori e dall’ambiente, vittime di incendi provocati da mani criminali, sono esempi di degrado. Nelle imprese catturate da dinamiche ingiuste si rafforzano comportamenti che minacciano ad un tempo la qualità del cibo prodotto e i diritti dei lavoratori coinvolti nella produzione. Si tratta di strutture di peccato che si infiltrano nella filiera della produzione alimentare: si pensi alle forme di caporalato, che portano a sfruttamento e talvolta alla tratta, le cui vittime sono spesso persone vulnerabili, come i lavoratori e le lavoratrici immigrati o minorenni, costretti a condizioni di lavoro e di vita disumane e senza alcuna tutela. Parlare di «agromafia» significa anche parlare di pratiche di agricoltura insostenibili dal punto di vista ambientale e di sofisticazione alimentare che mina la tutela dei prodotti cosiddetti “dop”, così come uso di terreni agricoli per l’immagazzinamento di rifiuti tossici industriali o urbani.
«Coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto» (Am 9,14)
La terra è creata ed affidata all’umanità come un giardino: l’immagine biblica esprime la bellezza del creato e suggerisce il compito degli uomini di esserne i custodi e i coltivatori, con la responsabilità di trasmetterlo alle generazioni future (cf. Gen 2,15). L’alleanza di Dio con il suo popolo si manifesta nel dono di una terra «dove scorrono latte e miele» (cf Es 3,8), nei confronti della quale Israele conserva sempre la memoria che la prosperità viene dall’Altissimo, e a Lui ogni anno va presentata con gratitudine ogni primizia, condividendo la gioia per i beni ricevuti con chi non ha una sua proprietà, ossia con il levita e con il forestiero (cf. Dt 26,11). L’esperienza del peccato incrina la relazione all’interno dell’umanità e con la casa comune del creato: la Scrittura non manca di denunciare chi calpesta la dignità dell’altro, attraverso un uso ed un commercio iniquo di beni che sono invece destinati a tutti. In modo particolare è il profeta Amos che denuncia questa situazione: mercanti disonesti falsano le bilance e ingannano sulle unità di misura, per fare guadagni iniqui a svantaggio di chi lavora con onestà e dei poveri. Riescono persino a vendere lo scarto del grano! Il profeta si scaglia contro questa cultura di un profitto iniquo, che nega la dignità delle persone più umili, giungendo a «comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali» (Am 8,6).
Alle parole severe di denuncia si associano anche quelle che annunciano una rinnovata prosperità che scaturirà dalla fedeltà alla Parola di Dio: nei tempi messianici le relazioni sono improntate a giustizia ed equità, e l’umanità potrà godere dei frutti del suo lavoro. Lo stesso Amos assicura: «Pianteranno vigne e ne berranno vino, coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto» (Am 9,14). L’ingiustizia che ha devastato il lavoro dell’uomo e ne ha calpestato la dignità è destinata ad essere sconfitta: laddove si custodisce il legame con il Creatore, l’uomo mantiene viva la sua vocazione di custode del fratello e della casa comune.
La relazione tra cura del creato e giustizia è fondamentale, perché quando viene meno l’uomo violenta la natura e non promuove il lavoro del fratello. L’enciclica Laudato sì ha affermato: «Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un’analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà (…). Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale» (LS 139). Legalità e trasparenza sono determinanti per la salute, per la cura della terra, per la qualità della vita sociale: senza di esse non c’è amore per la creazione e tutela della dignità della persona, né amicizia sociale per gli uomini e le donne che la lavorano.
L’impegno di tutti
La Chiesa continua a denunciare le forme di corruzione mafiosa e di sfruttamento dei poveri e vuole mantenere le mani libere da legami con i poteri di agromafie invasive e distruttive. Purtroppo, le terre inquinate sono frutto anche di silenzi omertosi e di indifferenza.
La comunità cristiana invoca, inoltre, un impegno forte da parte delle autorità pubbliche: è necessaria un’azione continuativa di prevenzione delle infiltrazioni criminali e di contrasto ad esse. Al contempo, quanto farebbe bene all’economia il sostegno di soggetti che operano nella legalità. Essi testimoniano un’economia che valorizza le persone e custodisce l’ambiente. È il segno che la dottrina sociale della Chiesa si incarna nel concreto e promuove relazioni di fraternità tra le persone e di cura verso il creato. Ben venga ogni strumento normativo disponibile per strappare i lavoratori alla precarietà! Sosteniamo la responsabilità degli operatori del mondo agricolo e delle loro associazioni: sono reti di sostegno reciproco per far fronte alla pressione delle agromafie, specie in un tempo in cui le difficoltà legate alla pandemia le rendono più forti.
La Chiesa incoraggia e sostiene tutte le aziende agricole esemplari nella legalità. Una testimonianza così preziosa vale tantissimo: arricchisce il tessuto relazionale di un territorio e forma coscienze libere. Non ha prezzo un’economia che si alimenta di giustizia e trasparenza. Alle imprese che promuovono lavoro e ambiente va il nostro grazie perché mostrano che è possibile un modello di agricoltura sostenibile. Vediamo anche quante belle esperienze di cooperazione sono garanzia di inclusione sociale!
Assume, infine, sempre più rilevanza la responsabilità dei consumatori nel premiare con l’acquisto di prodotti di aziende agricole che operano rispettando la qualità sociale e ambientale del lavoro. «Acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico» (CV 66, LS 206), afferma il magistero sociale della Chiesa. Occorre ricordare che abbiamo una responsabilità nello stile di vita che adottiamo anche quando compriamo i prodotti agricoli. Possiamo diventare protagonisti di un’economia giusta o rafforzare strutture di peccato. Davvero oggi il mondo agricolo vive una scelta tra «la vita e il bene, la morte e il male» (Dt 30, 15): ne va, oltre che dell’esistenza personale di uomini e donne, anche della vita sociale, economica ed ambientale del Paese. Un impegno per tutti.
Roma, 5 giugno 2022
Solennità di Pentecoste
La Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro,
la giustizia e la pace
07 11 2021 : 71ª Giornata Nazionale del Ringraziamento
La diocesi di Sassari, domenica 7 novembre 2021, ospiterà la 71ª Giornata Nazionale del Ringraziamento. Titolo: “Lodate il Signore dalla terra (...) voi, bestie e animali domestici” (Sal 148,10) Gli animali, compagni della creazione". La Giornata è preceduta, sabato 6 novembre ore 9.15, da un Seminario di studio.
“Lodate il Signore dalla terra (...) voi, bestie e animali domestici” (Sal 148,10)
Gli animali, compagni della creazione
Quando lo sguardo dell’umanità si posa sulla creazione e il suo cuore trabocca di meraviglia per l’opera di Dio, la persona non può fare a meno di lodare il Signore per il dono degli animali, anzi la sua parola si intreccia con quella muta di tante creature viventi che accompagnano la nostra presenza sulla terra. ...
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