Riti di introduzione
Tutti i riti di introduzione mettono in luce un aspetto particolare non solo della liturgia che celebriamo, ma di tutta la nostra vita: arriviamo a messa da posti diversi, da case diverse, con impegni diversi vissuti nella giornata, e ci ritroviamo lì non per noi stessi ma perché c’è Uno che ci ha chiamati.
Siamo “chiesa” (che viene dal greco ek-klesia) perché chiamati, o meglio, con-chiamati. Chiamati insieme a vivere quella Vita di Dio che Gesù ci ha mostrato venendo sulla terra. Nel nostro essere insieme si verifica ancora una volta ed in maniera speciale quella particolare promessa di Gesù “Dove sono due o più riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. I Padri della Chiesa, che sono come dei fratelli maggiori nella fede dei primi tempi della Chiesa, dicono che “nel mio nome” vuol dire “nel mio amore”. Questo vuol dire che a Messa siamo chiamati a lasciarci abbracciare da quell’Amore che abbiamo cercato di vivere nella giornata, nella settimana, e disporci a viverlo in una maniera speciale attraverso la celebrazione liturgica, perché sappiamo che non si è cristiani da soli, ma assieme ad altri.
Ingresso: fedeli ministri sacerdote (preghiere) Introito Segno di croce Saluto Atto penitenziale Gloria Orazione del giorno (Colletta)
La prima visita e la prima preghiera devono essere fatte a Gesù Sacramentato.
Passando davanti al suo Tabernacolo, è prescritta la genuflessione con un ginocchio; se il Tabernacolo è aperto, la genuflessione si fa con ambedue le ginocchia, chinando contemporaneamente il capo e recitando mentalmente qualche giaculatoria, ad esempio: "Gesù, Ti adoro!".
La genuflessione deve essere fatta bene in segno di rispetto.
Sopra all'Altare c’è sempre il Crocifisso affinché ci si ricordi in ogni momento della Celebrazione della Passione e del Sacrificio di Gesù.
E’ importante arrivare un po’ prima perché la messa è un evento da preparare interiormente e fattivamente con calma, senza improvvisazioni, essendo una grande azione da vivere. Se arrivo puntuale è segno che la ritengo una cosa buona e importante per me, e mi posso rendere disponibile a qualche ministero che mi viene richiesto. Infine non si disturba l’assemblea già radunata.
Ministri della Messa
Oltre al Celebrante, ministro di Gesù Cristo e Suo strumento nella Consacrazione dell’Eucaristia, numerosi ministri inferiori al Sacerdote possono intervenire nella Messa. Questo perché il potere del Sacramento dell’Ordine è conferito in modo graduale: ogni Ordine gode di un potere sul Corpo Fisico di Nostro Signore (cioè sulla materia consacrata o da consacrare) e di un potere sul Corpo Mistico (cioè sui fedeli che dispone in vario modo alla ricezione dell’Eucaristia).
DIACONI
Il diacono (da diakonos, parola di origine greca con il significato di "servo") è ministro ordinato per gli incarichi di servizio della chiesa. L'ordinazione gli conferisce funzioni importanti: "il ministero della Parola, del culto divino, del governo pastorale e del servizio della carità"; compiti che devono essere assolti sotto l'autorità pastorale del loro vescovo.
I diaconi partecipano in maniera particolare alla missione e alla grazia di Cristo e il sacramento dell'ordine imprime loro un segno, o meglio un carattere, che nulla può cancellare e che li configura a Cristo, il quale si è fatto diacono, ovvero "servo di tutti". Compete al diacono assistere il vescovo e i presbiteri nella celebrazione della Messa, distribuire l'Eucarestia, assistere e benedire il matrimonio, proclamare il Vangelo e predicare, presiedere ai funerali e prodigarsi ai vari servizi della carità.
Chi conferisce l'ordine del diaconato è il Vescovo. I ministri sopra detti sono parte integrante e significativa di una parrocchia nella quale deve estrinsecarsi e realizzarsi la vera missione di Cristo, cioè la costruzione del Regno di Dio vivendo il già e non ancora in comunione con i fratelli che anelano ad uniformarsi a Cristo.
Il lettore svolge una funzione che deve essere armonizzata tra le varie ministerialità, anch'esse importanti ed essenziali, per una adeguata celebrazione della parola di Dio. Il ministero del lettore è tipicamente laicale; infatti solo in mancanza di lettori laici o di diaconi esso può essere svolto dal sacerdote celebrante. Il lettore è istituito per l'ufficio a lui proprio: leggere la parola di Dio nell'assemblea liturgica. Pertanto, nella messa e nelle altre azioni sacre, spetta ad esso proclamare le letture della Sacra Scrittura (ma non il Vangelo), con adeguato garbo e sentimento, interiorizzarle e viverle per poi trasmetterle con gioia e partecipazione intima.
ACCOLITI
Il ministero dell'accolito assume una valida importanza poiché esso ha cura del buon procedimento della celebrazione: si cura dei vari arredi sacri (patena, calice, pisside, ecc.), organizza le varie letture e tutto l'essenziale per la buona riuscita della celebrazione Eucaristica. L'accolito sostituisce il diacono in sua assenza, ma non ha il compito della proclamazione del Vangelo. L'accolito può sostituire il ministro straordinario dell'Eucarestia e la figura del lettore, impegnandosi a rendere spiritualmente comprensibile e significativa la parola di Dio da lui proclamata.
Ministri straordinari della Eucaristia
Un ministro straordinario è un laico, sposato o no, uomo o donna, che aiuta il sacerdote nella distribuzione dell’Eucaristia durante la santa messa quando mancano altri sacerdoti e porta la comunione agli ammalati e anziani che non potendo partecipare alla santa messa ne fanno richiesta. I requisiti per essere ministro straordinario sono, senza dubbio, essere credente, praticante e deve essere capace soprattutto di ascoltare. Si diventa ministro straordinario dopo un breve corso di preparazione e il mandato è triennale del vescovo.
Il ministrante è quel ragazzo che serve all'altare durante le celebrazioni liturgiche. Il ministrante è anche chiamato "chierichetto". Il termine ministrante ha sostituito col tempo il termine "chierichetto" poichè riesce a far capire meglio il suo significato. Esso, infatti, deriva dal latino "ministrans", cioè colui che serve, secondo l'esempio di Gesù che non ha esitato Egli stesso a servire per primo e che invita a fare anche noi la medesima cosa amando i nostri fratelli
Il tocco di una campanella annuncia l’ingresso del Sacerdote. I fedeli devono interrompere tutte le devozioni in corso (rosario, preghiere varie,...) e concentrare tutta l’attenzione alla Messa che, celebrando il Sacrificio di Gesù, è più importante di qualsiasi altra preghiera.
Così come il Sacerdote esprime le sue intenzioni prima di celebrare, così è bene che i fedeli esprimino le loro intenzioni e le presentino mentalmente al Signore, a favore di un parente infermo, per un amico in difficoltà, per la pace nel mondo, ecc.
La Processione d’ingresso composta da diverse persone, ha una duplice funzione:
- una, simbolica, che ci nel mostra un popolo in cammino (la Chiesa) incontro a Dio e ci ricorda che siamo pellegrini e non abbiamo quaggiù una dimora definitiva.
- e l'altra pedagogica, perché orienta l’assemblea a questo incontro. Camminare in processione, infatti, esprime preghiera comune, costituisce una testimonianza collettiva di fede, ed è segno di appartenenza alla Chiesa che vive nel tempo.
Questa processione è fatta dal sacerdote e dai ministri per recarsi all’altare; inaugura i riti di introduzione ed è accompagnata dal canto d’ingresso, che dà gioia ai presenti che si trovano insieme: com’è bello, come dà gioia che i fratelli stiano insieme!
L’assemblea è in piedi, canta unitamente al Coro e può segnarsi al passaggio della croce, lungo la navata centrale. La CROCE apre la processione sempre, in quanto è Cristo stesso che ci precede e noi suo popolo Lo seguiamo.
La processione iniziale in alcune circostanze ha forma solenne: Con chi porta il turibolo e l’incenso, chi la Croce, chi le candele accese, infine i ministri e il Sacerdote che chiude la fila Davanti a lui, quando c’è, il Diacono che porta in alto il libro dei Vangeli, la Parola del Signore che ci educa e ci ammaestra.
Le preghiere ai piedi dell’altare
La Messa comincia con delle preghiere recitate dal Sacerdote ai piedi dei gradini, per indicare che egli non si ritiene degno di salire all’altare. In particolare egli recita il Salmo 42, che esprime il suo desiderio di offrire il Sacrificio, e il Confiteor in cui riconosce i suoi peccati e si umilia chiedendo ai Santi e ai ministri di pregare perché Dio lo perdoni. Anche i ministri recitano poi il loro Confiteor.
Da notare che queste preghiere rappresentano la preparazione privata del Sacerdote: infatti furono introdotte gradualmente circa mille anni fa per aiutare il Sacerdote ad avere questi sentimenti di umiltà e contrizione, e nella Messa cantata sono recitate a voce bassa mentre si esegue l’Introito. Inizialmente potevano essere recitate in Sacrestia, poi andando all’altare, infine si scelse di dirle ai piedi dell’altare medesimo.
Saluto e venerazione dell’altare
Il Sacerdote a questo punto sale all’altare. L’altare è il simbolo di Gesù Cristo, come si è detto. Il bacio del Sacerdote è un saluto a Gesù e un atto di venerazione delle reliquie dei martiri chiuse nell’altare.
L’altare viene allora incensato dal Sacerdote. L’incenso benedetto ha innanzitutto funzione di purificazione (come l’Acqua Santa) e scaccia gli spiriti maligni che vagano nell’aria; inoltre è un segno di onore e simbolo della preghiera che sale verso Dio. Dopo essere stato egli stesso incensato dal Diacono il Sacerdote legge l’Introito, che anticamente veniva cantato durante la processione verso l’altare. Oggi la Schola lo canta mentre il celebrante recita le preghiere ai piedi dell’altare.
Il bacio dell'altare
E' il primo dei gesti liturgici. L'altare rappresenta il luogo della comunicazione tra la terra e il cielo, e quindi, per estensione, il Cristo stesso. Infatti, per il mistero dell'Incarnazione e della Redenzione, la persona di Gesù è il vero altare, l'autentico punto di incontro dell'umanità e della divinità. La Messa, che è la celebrazione di questo incontro in Gesù, inizia dunque con quella che si chiama venerazione dell'altare. Questo atto liturgico iniziale ha un grandissimo significato simbolico. Il bacio del sacerdote esprime una tenerezza rispettosa, come un'immensa riconoscenza d'amore per Gesù, il Cristo salvatore, mediatore tra Dio e gli uomini.
Il celebrante si reca alla sede presidenziale e di qui guida i rimanenti riti d’introduzione e la liturgia della Parola. Il luogo e l’aspetto della sede presidenziale devono far capire che il sacerdote presidente, fratello in mezzo ai suoi fratelli, è la guida dell’assemblea liturgica.
RITI DI INTRODUZIONE
I riti che precedono la Liturgia della Parola, cioè l'introito, il saluto, l'atto penitenziale, il Kyrie eleison, il Gloria e l'orazione (o colletta), hanno un carattere di inizio, di introduzione e di preparazione. Scopo di questi riti è che i fedeli, riuniti insieme, formino una comunità, e si dispongano ad ascoltare con fede la parola di Dio e a celebrare degnamente l'Eucaristia: "Dalla vita all'Eucaristia".
Quando il popolo è radunato, mentre il sacerdote fa il suo ingresso con il diacono e i ministri, si inizia il canto d’ingresso. La funzione propria di questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione, favorire l’unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della festività, e accompagnare la processione del sacerdote e dei ministri.
Il canto d'entrata incomincia, quindi, riunendo i fedeli in un cuor solo. Tutti gli uomini sono i beneficiari della grande opera di salvezza di Dio. è importante, all'inizio della Messa, manifestare questa dimensione comunitaria, orizzontale, di grande assemblea fraterna sotto lo sguardo d'amore del Padre.
Sant'Agostino diceva che cantare è pregare due volte. Introdurre la Messa con un canto è manifestare che essa rientra nell'ordine della preghiera, cioè dell'incontro misterioso con il Signore. Il canto d'ingresso rivela subito la natura spirituale della liturgia. Non siamo riuniti solamente per essere insieme. Noi siamo lì anche per entrare in relazione viva con colui che è il nostro salvatore: Gesù Cristo.
Una relazione tutta in verticale, che è nell'ordine della preghiera, del dialogo con l'Invisibile, l'Altissimo.
Il canto viene eseguito alternativamente dalla schola e dal popolo, o dal cantore e dal popolo, oppure tutto quanto dal popolo o dalla sola schola. Si può utilizzare sia l’antifona con il suo salmo, quale si trova nel Graduale romanum o nel Graduale simplex, oppure un altro canto adatto all’azione sacra, al carattere del giorno o del tempo e il cui testo sia stato approvato dalla Conferenza Episcopale.
Se all’introito non ha luogo il canto, l’antifona proposta dal Messale romano viene letta o dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore, o altrimenti dallo stesso sacerdote che può anche adattarla a modo di monizione iniziale (Cf. n. 31).
Sac: “Nel nome del Padre edel Figlio e dello SpiritoSanto”.
Tutti: “Amen”
Terminato il canto d'ingresso, il sacerdote, stando in piedi alla sede, con tutta l'assemblea si segna col segno di croce.
Questo gesto esprime il senso di tutto quello che si farà nella Messa:
- riconoscere in Cristo morto per noi il senso della nostra esistenza
- voler vivere in comunione con il Padre e il Figlio e lo Spirito
- accettare lo stile di vita della croce
Con questo gesto, fatto sul nostro corpo, ci avvolgiamo della Croce. Manifestiamo che siamo discepoli di Gesù crocifisso, che la Croce è la nostra strada, il nostro modello per vivere di vero amore. Il cristiano è qualcuno che vuole imitare l'amorePassione di Gesù, l'amore che non indietreggia davanti alla sofferenza, quando è necessario darsi totalmente a Dio e agli uomini.
La qualità di questo amore è propriamente divina, di natura trinitaria. Noi amiamo il Padre, alla maniera di Gesù, nello Spirito. Per questo, quando tracciamo sul nostro corpo il segno di Croce, lo facciamo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Il santo curato d'Ars diceva: "Bisogna farsi il segno della Croce con grande rispetto. Si inizia dalla testa: rappresenta il capo, la creazione, il Padre; poi il cuore che è l'amore, la vita, la redenzione, il Figlio; e le spalle cioè la forza, lo Spirito Santo".
Non c'è alcun masochismo o morbosità in questo gesto, perché è il segno della nostra salvezza. La Croce di Gesù è la vittoria dell'amore sull'odio, della vita sulla morte.
Poi il sacerdote con il saluto annunzia alla comunità radunata la presenza del Signore. Il saluto sacerdotale e la risposta del popolo manifestano il mistero della Chiesa radunata.
"Il Signore sia con voi".
"E con il tuo spirito".
Sono le parole che si scambiano il sacerdote e l'assemblea, che si potrebbero anche tradurre così:
"Il Signore vi accompagni, egli adesso è qui tra voi".
"Che sia presente con lo Spirito Santo che hai ricevuto particolarmente il giorno della tua ordinazione sacerdotale. Che Gesù venga a noi in questa Messa con la potenza del suo Spirito, il solo capace di rinnovarci nell'amore divino. Donaci lo Spirito di Gesù".
Il sacerdote è stato scelto da Dio per rendere presente Cristo, ma non si tratta di una rappresentazione teatrale. è una rappresentazione che è presenza reale di Cristo, oggi. Quando il sacerdote agisce come sacerdote di Gesù, è Gesù in persona che agisce. Questo è ciò che crede tutta l'assemblea. Quando dice: "E con il tuo Spirito", è al sacerdote che si rivolge, affinché egli eserciti il potere di donare lo Spirito di Gesù che abita misteriosamente in lui e che si dona attraverso di lui, con la grazia del sacerdozio.
Salutato il popolo, il sacerdote, o il diacono o un ministro laico, può fare una brevissima introduzione alla Messa del giorno.
Quindi il sacerdote invita all’atto penitenziale, che, dopo una breve pausa di silenzio, viene compiuto da tutta la comunità mediante una formula di confessione generale, e si conclude con l’assoluzione del sacerdote, che tuttavia non ha lo stesso valore del sacramento della Penitenza.
L’atto esprime la dimensione di peccatori che ognuno si porta dietro; riconoscendosi tali si invoca il perdono di Dio.
Tutti chiedono perdono a Dio e agli uomini per il male che hanno fatto, per il rifiuto d'amare, sia nei pensieri che nelle azioni, che si tratti di peccati di cui ci si ricorda o che si sono dimenticati. Il sacerdote fa allora una preghiera: "Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna". è una supplica nella quale il sacerdote domanda la misericordia di Dio con fiducia.
Questo atto liturgico non dispensa però dalla confessione individuale con un sacerdote, che è un'esperienza molto personale della misericordia del Signore Gesù di cui sarebbe un peccato il privarsene. Infatti, attraverso il prete, tu puoi veramente essere accolto per te stesso, con la tua storia personale. Puoi confidare quello che ti pesa sulla coscienza e ricevere il perdono, adatto al tuo bisogno, specialmente per te.
L'atto penitenziale dell'assemblea durante la messa è come un prolungamento della confessione individuale. Per Dio non esiste una massa impersonale di fedeli a cui perdonare, ma un popolo di persone, ognuna con il proprio nome, alla quale vuole dimostrare personalmente la sua tenerezza.
La domenica, specialmente nel tempo pasquale, in circostanze particolari, si può sostituire il consueto atto penitenziale con la benedizione e l’aspersione dell’acqua in memoria del Battesimo.
Il Kyrie eleison
Dopo l'atto penitenziale ha sempre luogo il Kyrie eleison, a meno che non sia già stato detto durante l'atto penitenziale.
Kyrie in greco significa "Signore". Eleison significa "Abbi pietà".
L'assemblea canta in tre tempi: "Signore pietà. Cristo pietà. Signore pietà".
La prima invocazione è indirizzata al Padre, la seconda a Cristo e la terza allo Spirito Santo. è al Dio tre volte santo, trinitario, che l'assemblea canta la sua speranza e la sua fiducia nella bontà misericordiosa di Dio.
Essendo un canto col quale i fedeli acclamano il Signore e implorano la sua misericordia, di solito viene eseguito da tutti, in alternanza tra il popolo e la schola o un cantore.
Ogni acclamazione viene ripetuta normalmente due volte, senza escluderne tuttavia un numero maggiore, in considerazione dell’indole delle diverse lingue o della composizione musicale o di circostanze particolari. Quando il Kyrie eleison viene cantato come parte dell’atto penitenziale, alle singole acclamazioni si fa precedere un «tropo».
Il Gloria è un inno antichissimo e venerabile con il quale la Chiesa, radunata nello Spirito Santo, glorifica e supplica Dio Padre e l’Agnello.
Anticamente il Gloria non era cantato nel corso della Messa ma all’aurora, al termine delle veglie di preghiera che duravano tutta la notte (e che divennero poi il Mattutino). Era recitato già in tempi antichissimi nella sua versione greca: Plinio il Giovane nella sua famosa lettera sui Cristiani all’Imperatore Traiano, parla del “canto a Cristo come a Dio” cantato all’alba nelle riunioni cristiane. Il suo testo comincia con le parole degli angeli nella notte di Natale, ed è una lode alle tre persone divine (ecco perché si fa il segno di croce alla fine). Verso il 530 il Liber Pontificalis, che raccoglie notizie sulla vita dei Papi antichi, ci segnala che il Papa san Telesforo (+ 136) avrebbe ordinato di recitarlo durante la Messa di Natale; nel 514 Papa Simmaco permette ai Vescovi soli di dirlo la Domenica e nelle feste. Verso la fine dell’XI secolo il canto del Gloria si estese ad altre feste ed anche ai semplici Sacerdoti.
Il testo del Gloria nella sua versione più antica conteneva le più svariate suppliche.
Il testo di questo inno non può essere sostituito con un altro. Viene iniziato dal sacerdote o, secondo l’opportunità, dal cantore o dalla schola, ma viene cantato o da tutti simultaneamente o dal popolo alternativamente con la schola, oppure dalla stessa schola. Se non lo si canta, viene recitato da tutti, o insieme o da due cori che si alternano.
Oggi si recita in tutte le feste dei Santi e nelle domeniche (tranne in Avvento (si canterà solennemente la notte di Natale), Settuagesima e Quaresima (perché risalti di più la gioia pasquale).
Poi il sacerdote invita il popolo a pregare e tutti insieme con lui stanno per qualche momento in silenzio, per prendere coscienza di essere alla presenza di Dio e poter formulare nel cuore le proprie intenzioni di preghiera. Quindi il sacerdote dice l’orazione, chiamata comunemente «colletta», per mezzo della quale viene espresso il carattere della celebrazione. Per antica tradizione della Chiesa, l’orazione colletta è abitualmente rivolta a Dio Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo e termina con la conclusione trinitaria, cioè più lunga, in questo modo:
- se è rivolta al Padre: Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli;
- se è rivolta al Padre, ma verso la fine dell’orazione medesima si fa menzione del Figlio: Egli è Dio e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli;
- se è rivolta al Figlio: Tu sei Dio e vivi e regni con Dio Padre, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Il popolo, unendosi alla preghiera, fa propria l’orazione con l’acclamazione Amen.
Nella Messa si dice sempre una sola colletta.
La preghiera si dice "Colletta" perché "raccoglie" le preghiere di tutti. "Cosa chiedo a Dio in questa Messa?".